Il progetto Science Forest
Si è concluso da alcuni giorni l’iter del concorso internazionale di progettazione per il Museo della Scienza di Roma bandito da Roma Capitale in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti, proprietaria dell’area, e con l’Ordine degli Architetti di Roma che, oltre a rendere disponibile la piattaforma CAN-Competition Architecture Network, ha fornito un qualificante apporto alla stesura degli elaborati di concorso.
E’ un passaggio atteso da tempo, dato che il sito interessato è parte – unitamente all’antistante Caserma Montello, ora MAXXI – del complesso Stabilimento Militare Materiali Elettronici e di Precisione, realizzato in Via Guido Reni a partire dai primi anni del Novecento.
Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso il complesso viene dismesso e dopo molto tempo, nel 2013, ceduto dal Demanio Militare ad una società di investimenti della Cassa Depositi e Prestiti – la Investimenti Sgr S.P.A. – che l’anno successivo pubblica un bando di concorso internazionale per la redazione del Progetto Flaminio vinto dallo Studio Viganò, che costituirà la base per il Programma integrato di Intervento che la Regione Lazio approverà definitivamente nel 2021 in variante al vigente PRG.
Il sito di Via Guido Reni
Il comparto B dell’intero complesso è destinato alla realizzazione del Museo della Scienza, la cui ideazione viene affidata nel febbraio 2022 ad una Commissione Tecnico-Scientifica di alto profilo, coordinata dal Premio Nobel Giorgio Parisi, che da vita ad un Forum della Scienza e del Pensiero Scientifico da cui scaturiscono indicazioni puntuali sull’articolazione funzionale di questa nuova opera destinata a qualificare ulteriormente il patrimonio culturale di Roma.
Sulla scia di tale virtuosa impostazione a novembre del 2022 viene bandito un concorso di progettazione avente per oggetto la progettazione del “Museo della Scienza di Roma, Servizio Pubblico Urbano (Attrezzatura collettiva culturale), nell’ambito del processo di trasformazione urbana dell’ex Stabilimento Militare Materiali Elettronici e di Precisione di Via Guido Reni a Roma”.
Alla prima fase partecipano 70 gruppi tra i quali vengono selezionati i 5 ammessi alla seconda fase che si conclude con la nomina da parte della Commissione giudicatrice, presieduta dall’arch. Libeskind, del progetto vincitore: è Science Forest dello Studio Adat di Roma, che viene presentato ufficialmente il 20 luglio scorso alla presenza del Sindaco Gualtieri, dell’Assessore all’Urbanistica Veloccia e dell’Assessore alla Cultura Gotor.
Il bando di concorso
Dunque, per una volta, tutto sembra essere andato nel verso giusto.
Purtroppo non è così, perché appena è stato possibile esaminare il progetto è arrivata una cocente delusione perché non è quello che ci si aspettava come primo atto del tanto decantato progetto di rigenerazione urbana del complesso di caserme di Via Guido Reni: non è rigenerazione urbana, è demolizione e ricostruzione.
Questo è la ragione per cui non hanno tardato ad arrivare pesanti critiche.
Prima fra tutte quella congiunta di Italia Nostra e dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale che, allegando uno straordinario studio sui caratteri storici e insediativi del complesso, ha sottolineato che “Nulla rimane, infatti, nel progettato Museo della Scienza, del grande impianto architettonico industriale realizzato agli inizi del ‘900 (…) se non le murature perimetrali dell’isolato”. E di seguito fa notare che il progetto va contro le indicazioni del bando di gara che invitava a “preservare quanto più possibile l’integrità del sistema attuale”, valorizzando “le peculiarità spaziali dei capannoni, delle caratteristiche costruttive e delle componenti impiantistiche”.
Il portale d’ingresso
Una critica severa che, tuttavia, si conclude con un semplice appello alle Autorità preposte ad intervenire nelle successive fasi di progettazione per assicurare “una maggiore conservazione di quelle che sono testimonianze significative della storia industriale della capitale”.
Un appello molto cauto che non tiene conto del fatto che il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica (questa è l’esatta dicitura del progetto presentato) è il passaggio fondamentale di un percorso già tracciato che per la fase successiva – il Progetto Definitivo – prevede approfondimenti tecnici ma non consente cambiamenti sostanziali di quanto già approvato.
Dunque non è un generico appello quello che occorre, ma un fermo richiamo ai diversi responsabili – il Comune di Roma e la Investimenti Sgr S.P.A. di Cassa Depositi e Prestiti – a tenere in seria considerazione fatto che il progetto vincitore non rispetta i requisiti richiesti dal bando di concorso e, quindi, non può essere approvato.
Riepiloghiamo per chiarezza i termini della questione.
1. Il progetto non ha tenuto conto di quanto segnalato dal “Concept per un Museo delle Scienze di Roma” elaborato dalla citata Commissione Tecnico Scientifica presieduta dal Prof. Giorgio Parisi che, prima di individuare le necessità e modalità funzionali del Museo, fa un esplicito richiamo all’aspetto architettonico dell’opera dicendo che “anche nel caso di riutilizzo parziale o totale della struttura esistente, l’architettura del museo dovrebbe fungere da punto di riferimento identitario nel contesto della città”. Dunque non un’indicazione vincolante al riutilizzo della struttura esistente, ma una chiara segnalazione a tener conto delle straordinaria qualità architettonica del contesto di riferimento: “il quartiere Flaminio che rappresenta un unicum a Roma”.
L’area del quartiere Flaminio
Con ogni evidenza il progetto non ha voluto o saputo interpretare questa peculiarità.
2. Il progetto disattende del tutto le indicazioni del “Documento d’Indirizzo alla Progettazione”, che è l’allegato del bando con cui vengono indicati ai partecipanti i requisiti che il progetto messo a concorso deve rispettare.
Anzitutto disattende le indicazioni di natura storico-descrittiva contenute nel punto 7.3 Partire dall’esistente: Officine (gli attuali manufatti presenti nel comparto dedicato al MSR (le Officine) conservano l’impianto originario delineato nel 1905) nonché la meticolosa descrizione dei caratteri costruttivi e della condizione di conservazione del manufatto esistente contenuta nel punto 7.4 Qualità spaziali: morfologia delle Officine (“il grande corpo di fabbrica oggetto dell’intervento 110mx115m”).
Poi non tiene in alcun conto le puntuali indicazioni contenute nel Punto 7.5 Considerazioni sulle strutture esistenti, esplicitamente indirizzate al recupero dei manufatti esistenti: “allo scopo di mettere in condizione i progettisti del presente concorso di ipotizzare un intervento di rifunzionalizzazione e riqualificazione delle Officine, è stato ricostruito un quadro conoscitivo preliminare delle strutture esistenti”. Si tratta di un quadro estremamente accurato e dettagliato, corredato da rilievi geometrici e indagini strutturali e geotecniche orientate a “supportare la verifica preliminare di fattibilità tecnico economica degli interventi strutturali funzionali alla riqualificazione e rifunzionalizzazione delle Officine”.
Infine, nel punto 7.6 Criteri progettuali per il recupero delle Officine il documento dice: “La proposta di rigenerazione dello stabilimento delle Officine si costruisce su una lettura delle situazioni e delle loro possibilità spaziali. Come accennato, parte di questo edificio è già esito di trasformazioni successive al suo primo impianto ed il tema dell’intervento si ritiene sia da interpretare come la successione e aggiunta di strati in un palinsesto, più che la sostituzione della struttura attuale con la costruzione di una nuova architettura che cancelli ciò che l’ha preceduta, uscendo dalla logica del monumento isolato e selezionando alcune configurazioni spaziali che permettano di riusare e riciclare questi manufatti come attrezzature pubbliche”.
Più esplicito di così il bando non poteva essere: il progetto del Museo deve essere basato sulla riqualificazione e rifunzionalizzazione del manufatto esistente.
Ebbene il progetto Science Forest non ha tenuto in alcun conto questa indicazione visto che nella Relazione di accompagno si legge: “L’intero complesso si sviluppa sul mantenimento della costruzione perimetrale dell’ex ‘Stabilimento Militare di Materiali Elettronici di Precisione e sulla creazione di un nuovo parco urbano pubblico ricavato dallo svuotamento della parte centrale. Tuttavia, assicurano i progettisti: “le strutture interne in calcestruzzo demolite saranno riciclate come aggregati per elementi edilizi in cls”.
E’ del tutto evidente che il progetto non ha rispettato il bando di gara e, dunque, non può essere approvato.
3. Un’ultima riflessione riguarda la Commissione giudicatrice. Escludendo che non abbia letto il bando si pone un interrogativo: non ne ha condiviso il contenuto, in particolare le chiarissime indicazioni contenute nel “Documento di Indirizzo alla Progettazione”?
Se fosse così dovremmo ritenere che il giudizio sia stato formulato prescindendo dai requisiti richiesti dal bando: una ben strana conclusione.
Ma se così non fosse, allora sarebbe opportuno che la Commissione fornisse una spiegazione plausibile circa il suo operato, perché la conclusione a cui è giunta è sconcertante.