Quarta giornata di votazioni ieri con il quorum a 505 ed uno spoglio veloce durato due ore. Ancora fumata nera, il più votato è sempre Sergio Mattarella con 166 preferenze. Permangono le incertezze dei leader dei partiti e, nonostante i messaggi con l’indicazione di voto inviati ai grandi elettori dalle segreterie dei rispettivi gruppi parlamentari, aumentano i cosiddetti franchi tiratori. Le votazioni dei giorni precedenti rappresentano esclusivamente una tattica dei partiti prima di raggiungere un’intesa risolutiva su un candidato possibile, che possa significare da un lato l’elezione di una personalità di alto profilo istituzionale e, nello stesso tempo, salvare la tenuta della maggioranza di governo.
Tutto è sospeso, la Lancia Flaminia blu, auto di Stato presidenziale pronta in direzione di Montecitorio per l’acclamazione del nuovo inquilino del Quirinale. I preparativi del cerimoniale sono già collaudati, il Paese aspetta di conoscere il nuovo capo dello Stato, consapevole dell’importanza di questa elezione in un momento particolarmente difficile e delicato.
Un focolaio di guerra ai confini dell’Europa tra la Russia e l’Ucraina. Una pandemia che non accenna a rallentare la morsa e l’economia a rischio di collasso rendono difficile la scelta dei grandi elettori in un clima di serenità per eleggere un nome autorevole e condiviso.
Le voci rincorrono da giorni tra i cronisti su candidati bipartisan: l’ex presidente della Camera l’onorevole Pierferdinando Casini, già parlamentare della Democrazia Cristiana, del CCD, della PDL e attualmente eletto nelle file del PD e la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, di Forza Italia, donna delle istituzioni ma non gradita al PD e al Movimento Cinque Stelle. Resta in stand-by il nome di Mario Draghi sulla cui figura convergerebbero sicuramente in tanti ma mettendo a rischio la successione alla carica di Presidente del Consiglio. Lo stesso Matteo Renzi fondatore di Italia Viva, mentre ritiene necessaria la permanenza di Draghi nell’attuale ruolo in nome delle perplessità rappresentate da autorevoli membri del Parlamento europeo, resta possibilista. Diversi incontri si sono svolti in nottata nelle sedi di partito e in luoghi privati.
I segretari dei partiti maggiormente rappresentativi, da Enrico Letta a Giuseppe Conte a Matteo Salvini, hanno compreso bene di dover necessariamente convergere su un nome condiviso, altrimenti il rischio di un risultato a sorpresa aumenta per la impazienza di parlamentari sciolti e senza vincoli, con l’obiettivo di salvaguardare il prosieguo della legislatura. Certamente la sensazione che si respira nell’aula del parlamento, nei vicoli e nei locali adiacenti è quella che una attesa più lunga rischia di minare la già compromessa credibilità dell’attuale classe politica.
Molti auspicano che per la elezione del 2029 si possa giungere ad un sistema presidenzialista o semi-presidenzialista affidato direttamente al voto popolare. La scelta di oggi deve essere rivolta ad eleggere un Presidente con una storia politica e professionale di grande autorevolezza, prestigio e senso di equilibrio con un’immagine di riconosciuta credibilità nazionale ed internazionale. I partiti hanno il dovere morale di trovare presto una soluzione condivisa perché molte sono le preoccupazioni degli italiani in questo momento, colpiti da un virus senza fine, minati dal precario stato di salute, dalle difficoltà economiche e di lavoro.
Il governo Draghi è stato un baluardo e sebbene con difficoltà ha saputo affrontare, sostenuto dalle politiche economiche europee, questo periodo d’incertezza, aggravato dal rincaro dei prezzi energetici determinato dai conflitti nelle regioni medio-orientali e dei paesi della ex Unione sovietica.
Gli italiani hanno bisogno di certezze, il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, ma il Parlamento deve sciogliere definitivamente alcuni noti insoluti; stabilire regole condivise e universali. Il ruolo dei partiti deve effettivamente corrispondere al dettato dell’Art. 49 della Carta costituzionale, cioè applicare il “metodo democratico” con adesioni libere e certificate, assemblee congressuali con voto personale ed uguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico, valevole per tutti i raggruppamenti politici e determinato dalla partecipazione alle scelte programmatiche e non a partiti personali. Una legge elettorale di garanzia delle minoranze, ma senza produrre frammentazioni con un sistema proporzionale almeno al 5% o se si preferisce collegi uninominali ad uno o a doppio turno e candidature in un solo collegio.
Questi sono le argomentazioni che la politica in queste ore deve affrontare insieme alla scelta del candidato Presidente con l’impegno a sostenere insieme al Parlamento in carica, nei mesi che restano della legislatura, la riorganizzazione dei partiti liberi ma con regole codificate, compreso il finanziamento pubblico e privato.
La partita è ingessata ma oggi venerdì 28 gennaio sono previste due votazioni e potrebbe essere la volta buona.
Sciogliere il nodo tra la rielezione di Sergio Mattarella o la scelta di Mario Draghi nella linea dell’attuale maggioranza di governo. Altre ipotesi concrete al momento non sono apparse all’orizzonte. I partiti farebbero bene a pensare a costruire basi solide e affidabili di partecipazioni per evitare la diserzione dalle urne della maggioranza dei cittadini che non si sentono più rappresentati.
La soluzione potrebbe passare con la sintesi del duo Mattarella/Draghi, in attesa della ricomposizione e riorganizzazione dei partiti, la nuova legge elettorale e il rinnovo del parlamento alla scadenza elettorale del 2023 con uno sguardo alla visione europeistica che la pandemia ha reso ancora più opportuna e necessaria.
Se Draghi va al Quirinale, Mattarella resta senatore a vita, una preziosa risorsa della Repubblica. Perché non affidargli nel momento successivo la guida del governo? Magari rafforzato con la presenza dei segretari dei partiti, per portare l’Italia fuori dalla particolare e difficile situazione pandemica e costruire un sentire a passo con i tempi e dare fiducia alle nuove generazioni smarrite e senza maestri.