Ricorderete certo i giorni più caldi dell’epidemia. Mentre il mondo scientifico e le istituzioni cercavano il modo di arginarla, prescrivendo i lockdown e mettendo a disposizione vaccini e farmaci, sulla rete, in particolare sui canali Telegram – me ne segnalano uno in particolare, il Border Nights 2.0, ma ce ne sono molti altri simili – imperversava la teoria del complotto ordito dalle case farmaceutiche e del Covid-invenzione dei famigerati nazisti della dittatura sanitaria.
Poi, il nove ottobre scorso, gli antinazisti di cui sopra, neo-resistenti contro la feroce dittatura sanitaria, si riunirono a Piazza del Popolo a Roma e, in un generoso afflato democratico, andarono all’assalto della sede della CGIL di Corso d’Italia. Li guidarono degli autentici campioni dell’antinazismo come Giuliano Castellino e Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, Luigi Aronica, ex appartenente ai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), e Biagio Passaro leader di #IoApro, movimento di ristoratori infuriati per i lockdown spalleggiato da Casapound.
Si sta ripetendo ora uno scenario analogo con riferimento alla guerra russo-ucraina. Emulando l’Hitler dell’Anschluss – con l’unica non banale differenza che il Führer fu accolto a Vienna da un popolo consenziente all’annessione, e Putin a Kyev da uno in armi per tentare di respingerlo – l’autocrate del Cremlino sostiene che sta conducendo una salutare operazione speciale per la denazificazione dell’Ucraina e la purificazione del suo popolo. Dunque il campione della democrazia sarebbe lui, l’invasore, e gli Ucraini, gli invasi, sarebbero i nazisti!
La guerra sul campo è per ora circoscritta al suolo ucraino, salvo poche incursioni nelle aree limitrofe. Sul web e sui media è però estesa al mondo intero e, qui in Italia, come già è stato per il Covid, ritornano ad imperversare sui social gli usuali refrain di quei giorni: ‘questo le tivvù non ve lo fanno vedere’, ‘quest’altro i giornali non ve lo dicono’, cui seguono clamorosi scoop: ‘a Bucha è stata messa in scena una farsa da parte dei perversi imbonitori occidentali’, e via deliziando. Il tutto veicolato elettivamente, come per la pandemia, dai canali Telegram e dal passaparola che ne segue.
Correlata a questo contesto, in prossimità del 25 aprile, in Italia si è accesa la polemica sulla fornitura delle armi all’Ucraina, deliberata e praticata dall’Occidente, e sulle analogie e differenze tra la nostra Resistenza e la loro.
La storia ci dice che i nostri partigiani tra il ‘43 e il ‘45 furono supportati dalle armate alleate sbarcate prima in Sicilia, poi a Salerno, quindi ad Anzio, e da esse foraggiati con armi. In quel tempo ai partigiani ciò stava bene, però, se oggi gli stessi alleati di allora – USA, Regno Unito, Francia, Italia che si aggregò dopo l’8 settembre – sostengono la resistenza ucraina con l’invio di armi non va più bene. I governi che inviano armi agli Ucraini sono degli sciagurati guerrafondai che foraggiano la guerra per procura.
In questo scenario le manifestazioni del 25 aprile, secondo i primi orientamenti dell’ANPI, presieduta dall’ineffabile cossuttiano Gianfranco Pagliarulo, avrebbero dovuto essere indirizzate contro la NATO e contro l’invio delle armi ai resistenti ucraini. La pace innanzitutto e, per ottenerla, gli Ucraini devono sottomettersi all’invasore senza dare fastidio. Ciò in presunta coerenza con lo spirito della nostra guerra partigiana.
Tanta sfrontatezza ha inevitabilmente indignato tutto il mondo democratico del nostro Paese, il Presidente della Repubblica su tutti, tant’è che l’ANPI ha finalmente moderato e corretto il suo primo orientamento. Le celebrazioni di piazza del 25 aprile sono state tuttavia funestate da incidenti e segni di intolleranza e di insofferenza verso chi si dichiarava apertamente per il diritto alla legittima difesa del popolo ucraino. ‘Sono due contesti storici diversi – sostengono tuttora molti sedicenti neo-partigiani – i resistenti ucraini di oggi non hanno nulla a che vedere con i nostri del ‘43-’45’.
Ma è poi vero che sono due cose tanto diverse?
Certo, sono passati ottanta anni e tante cose sono inevitabilmente cambiate; oggi la guerra viene condotta oltre che con carri armati, navi e aerei, anche nel cyber-spazio, sul web e attraverso la sorveglianza satellitare allora neanche immaginati. E poi, nel ‘43 andava a concludersi la Seconda guerra mondiale, mentre ora è in corso un’invasione a freddo, tutt’al più assimilabile alle vicende prodromiche del conflitto mondiale; quindi la resistenza italiana non avrebbe mai potuto impedire un conflitto mondiale già in corso ed in via di conclusione, mentre quella ucraina di questi giorni potrebbe indurre i Russi a scatenare la terza guerra mondiale. E ancora, i nazifascisti contro i quali si batterono i nostri partigiani erano arrivati sul nostro suolo come alleati, salvo poi sentirsi traditi dagli Italiani con l’armistizio dell’8 settembre ‘43, cosa che paradossalmente renderebbe la feroce reazione della Wehrmacht più comprensibile rispetto a quella attuale dell’armata rossa, entrata sul suolo ucraino in spregio della Carta Fondamentale dell’ONU, del diritto internazionale e degli stessi accordi bilaterali, come il Memorandum di Budapest sottoscritto nel ‘94 dai due governi. La resistenza ucraina, sotto il rispetto astrattamente morale, ha addirittura ancor più legittimazione che la nostra stessa guerra partigiana.
È innegabile dunque che le differenze ci siano, ma in definitiva, allora c’era un popolo, quello italiano, in armi contro l’invasore tedesco e i suoi collaborazionisti nostrani ed oggi in Ucraina c’è un popolo in armi contro l’invasore russo. Allora come oggi, da una parte gli occupanti, dall’altra gli occupati. Sono due vicende ampliamente assimilabili.
Una differenza però c’è, ed è sostanziale. Gli alleati fornirono armi e uomini ai nostri partigiani, vero, ma i loro aiuti furono indirizzati essenzialmente ai partigiani azzurri di Edgardo Sogno, o alle brigate bianche dei cattolici o a quelle di Giustizia e Libertà; viceversa, le Brigate Garibaldi a guida PCI, che poi furono il grosso della Resistenza, ricevettero armi ed aiuti dai Sovietici, non dagli Americani. Vuoi vedere che, stringi stringi, per qualcuno il problema non è la libertà o il diritto all’autodeterminazione di un popolo, ma se si sta con i Russi o con gli Americani?