C’è ancora tanto da dire, tanto da ricordare, tanto da trasmettere dell’eredità del 25 aprile 1945. Giorno in cui si festeggia la liberazione di Milano e quindi simbolicamente dell’Italia intera non solo dall’occupazione nazista ma soprattutto dalla guerra. Più che mai in un momento così delicato della storia dell’Occidente, in cui molte motivazioni ci sfuggono, molti eventi appaiono indecifrabili ma rimane chiara ed indiscutibile la necessità che la tragedia della guerra in Ucraina venga fermata. Abbiamo negli occhi l’orrore di quanto viene costantemente ripreso e veicolato dai media. E soprattutto dolorose sono le immagini di donne e bambini vittime e martiri di una politica aggressiva e proprio per questo insensata. Nelle guerre le donne svolgono il ruolo salvifico di continuità con un passato sereno e pacifico. Rappresentano per chi è al fronte la casa, la quotidianità, la certezza di poter contare sugli affetti di madre e compagna. Vi sono ovviamente anche donne combattenti, le abbiamo viste, anche se il loro abbigliamento stride con quello che pensiamo debba essere il ruolo della cura cui più facilmente ci rivolgiamo e che più ci sta a cuore. Ma tant’è. In ogni vicenda bellica il ruolo femminile è stato, anche da un punto di vista militare, fondamentale se solo pensiamo alle staffette partigiane che nella Seconda guerra mondiale svolgevano compiti di coordinamento ed informazione tra i reparti distribuiti tra montagna e città.
L’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) a proposito di donne nella Resistenza parla dei Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà (GDD). Nascono a Milano e Torino nel novembre 1943 su iniziativa del Partito Comunista, sulla scorta delle sue “Direttive per il lavoro tra le masse femminili”: i GDD devono promuovere la Resistenza, aiutare le famiglie «dei partigiani, dei fucilati, dei carcerati, degli internati in Germania». Devono, inoltre, combattere espressamente per le donne, chiedendo la «proibizione delle forme più pesanti di sfruttamento, [l’] uguaglianza di retribuzione», e pensare al domani, cioè all’«accesso alle donne a qualsiasi impiego, […] a qualsiasi organizzazione politica e sindacale in condizioni di parità» (F. Pieroni Bortolotti, Le donne della Resistenza antifascista e la questione femminile in Emilia (1943-45), in Donne e Resistenza in Emilia-Romagna, v. 2, Milano, Vangelista, 1978)
Dalla Resistenza nasce una nuova coscienza della propria identità di genere che lentamente ma inesorabilmente porterà ai movimenti femministi degli anni ‘60/70.
Saranno circa 70.000 le donne coinvolte, quasi tutte del Nord Italia cioè della parte della penisola ancora occupata. Le partecipanti, di ogni provenienza partitica lavorano per il coinvolgimento delle altre donne nella vita politica ma si occupano anche di parità salariale, difesa delle lavoratrici madri, diritto di voto. Tutte conquiste di là da venire e per alcune delle quali la lotta sarà dura e non è ancora del tutto conclusa.
Le donne dei GDD sono prevalentemente del Nord. E al Sud? La Resistenza fu diversa, il Sud si liberò prima dall’occupazione tedesca, basti pensare alle Quattro giornate di Napoli. In una situazione di fame, distruzione, arrivo di un occupante diverso, quello alleato, ma altrettanto dirompente su un tessuto socialmente ancora arretrato e dilaniato quale fu il ruolo delle nostre nonne e bisnonne? Difendere a tutti i costi i propri figli dalla fame, penso a Napoli Milionaria, o dalla violenza, penso alla Ciociara. La politicizzazione femminile non fu altrettanto profonda. Di GDD nel Meridione non si parla. E pecchè me guarde? Aggio fatto chello che hanno fatto ll’ate. Me so’ difesa, me so’ aiutata… Questo dice Amalia a Gennaro, consapevole comunque di aver superato i limiti che la coscienza impone.
Cosa possiamo dire in questa nostra festosa ricorrenza alle donne ucraine? Resistere, resistere, resistere. Perché ‘e gguerre so’ state sempe accussì… avimme pavato…’a guerra se pava cu’ tutto… Ma poi Rituccia, la figlia piccola, malata, guarirà.
Speriamo tutti che il 25 aprile ucraino sia più vicino di quanto si pensi.