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Le complicate acrobazie della nostra Premier

La Convention CPAC/3

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Concludiamo la lettura della Conservative Political Action Conference (CPAC) tenutasi tra il 19 e il 22 febbraio scorsi a Washington prendendo in esame l’intervento – da remoto – della nostra Premier, on. Giorgia Meloni.

Quel che pensano, dicono e fanno i MAGA di Trump al di là dell’Atlantico, infatti, non è una peculiarità solo della destra a stelle e strisce. Tocca anche l’Europa e l’Italia. E allora, la nostra Meloni come si posiziona rispetto al fondamentalismo (anti)cristiano e al gangsterismo predatore della CPAC?

Anche lei si ispira a ‘Dio, Patria e famiglia’, e anche lei lo fa in chiave tradizionalista. Ma non cialtronesca. Insomma, non solo per il riguardo politico, ma anche sotto il profilo dei riferimenti valoriali, l’on. Meloni si trova nel guado tra l’adesione alla Internazionale revanchista integralista guidata dai Trump, Musk e Bannon e un’affinità più spiccata con il moderatismo catto-popolare proprio della storia italiana.

Tuttavia, già il solo fatto di essere intervenuta alla CPAC l’ha di fatto avvicinata a quei mistificatori del Cristo e fiancheggiatori di Dugin e del patriarca Kirill di Mosca, che incitano i Russi a infierire sugli Ucraini, dalla cui parte si è invece collocata da subito la nostra Premier.

Ed è proprio l’Ucraina la pietra d’inciampo delle contraddizioni della destra europea, non solo di Giorgia Meloni. Una destra che, mentre rivendica un patriottismo con forti tinte nazionaliste, si trova ad accettare la sudditanza del nostro continente ai bizzosi diktat di Trump.

Prendiamo il caso del governo italiano. Da subito si è schierato senza ambiguità nel fronte pro-Ucraina. Che poi, fino a due mesi fa, era il fronte ‘euro-atlantico’ tout court. Nella compagine governativa però fin dalla costituzione del Governo scalpita la Lega di Salvini col suo opportunismo: a noi italiani, specie a quelli del Nord-Est, fa comodo il gas russo, che ce ne frega dell’Ucraina? Di qui lo stillicidio quotidiano di puntualizzazioni contrarie all’invio di armi e aiuti a Kiev e di invocazione di una pace pur che sia. Cioè della capitolazione dell’Ucraina. Ma finché il quadro euro-atlantico reggeva, quelle di Salvini erano esternazioni innocue. Ora non più.

Giorgia Meloni teme che da quel posizionamento la Lega possa sfondare nell’elettorato di FdI. Perciò si è precipitata a Mar-a-Lago prima che ci arrivasse Salvini ed è intervenuta con toni ammiccanti alla CPAC: “Sapete quanto io sia affezionata alla vostra manifestazione, e non potevo non essere presente anche in questa edizione, seppur da lontano”.

Non ha alcuna intenzione di farsi scavalcare in tradizionalismo dall’alleato, ma ha anche un problema di coerenza con il suo percorso dal 24 febbraio 2022 a ieri. Un voltafaccia repentino di 180 gradi determinerebbe incomprensioni nel suo elettorato e nel suo stesso gruppo dirigente. Ed allora nell’intervento alla CPAC è passata dal ‘sono una di voi’ alla rivendicazione della sua identità euro-democratica. Ha citato Pericle: “La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio” – ha declamato in fluente lingua inglese – Lo abbiamo fatto quando abbiamo fermato le invasioni, quando abbiamo conquistato la nostra indipendenza, quando abbiamo rovesciato i dittatori. E lo abbiamo fatto, insieme, negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo orgoglioso combatte per la sua libertà contro un’aggressione brutale. Dobbiamo continuare a farlo anche oggi, lavorando insieme per una pace giusta e duratura”.

Quindi, per un verso rivendica di essere una frequentatrice di lunga durata della CPAC, e pertanto non può non conoscere l’astio di quel milieu politico-culturale verso la democrazia e le sue regole, come abbiamo documentato nei due articoli precedenti; per un altro verso si colloca nel perimetro del liberalismo moderato. Cita Pericle sul coraggio della libertà eppure si sente una di quelli che la toglierebbero volentieri ai molesti woke, alla donne ed agli LGBTQ+ (“..difendiamo i nostri valori da coloro che attaccano l’Occidente dall’esterno e da coloro che lo sabotano dall’interno con il virus della cancel culture e dell’ideologia woke”). Rivendica il sostegno all’orgoglioso popolo ucraino che combatte per la libertà e si mette a braccetto con quelli che vogliono lasciare l’Ucraina a Putin. Già, Putin: non è per caso uno di quelli ‘che attaccano l’Occidente dall’esterno’? Un bel guazzabuglio, difficile tenersi in equilibrio sulla corda che Trump sta tagliando.

Il passaggio più acrobatico è stato quello sui valori dell’Occidente: “Il CPAC ha compreso prima di altri quanto la battaglia politica e culturale per l’affermazione dei valori conservatori fosse non solo una battaglia americana ma una battaglia di tutto l’Occidente. Perché, amici miei, io credo ancora nell’Occidente. Nell’Occidente non come luogo fisico, ma come civiltà. Civiltà nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano, e i valori cristiani. Civiltà costruita, e difesa, nei secoli con il genio, le energie e i sacrifici di moltissimi. Con la parola Occidente definiamo un modo di concepire il mondo nel quale la persona è al centro, la vita è sacra, gli uomini nascono uguali e liberi, la legge è uguale per tutti, la sovranità appartiene al popolo e la libertà viene prima di ogni altra cosa. Questa è la nostra eredità, e non dovremo mai chiedere scusa per questo”.

Belle parole. Ma sono proprio questi valori – “gli uomini nascono liberi e uguali” – che il gangsterismo trumpiano si mette sotto i piedi! La sovranità appartiene al popolo e la libertà viene prima di ogni altra cosa, giusto. Ma appartiene anche al popolo ucraino?

Anche chi la ascoltava alla CPAC ritiene che la sovranità appartenga al popolo. Sì, ma solo a quello americano, specie se milionario. Gli altri popoli possono essere svenduti e scambiati secondo convenienza di Trump e dei suoi supporter americani, con Mosca o con Pechino. E che vada a farsi benedire la loro libertà se nuoce ai ‘nostri’ affari!

Il passaggio più inquietante poi – a nostro avviso – è stato quando, ripetendo il mantra contro il wokeismo causa dell’insicurezza in cui sono costretti a vivere i cittadini euroccidentali, giunge a ventilare il ricorso al salvatore della patria: “Se non sei sicuro non sei libero. E quando la libertà è a rischio, l’unica cosa che puoi fare è metterla nelle mani più sagge”.

Applausi di circostanza. Nessuna ovazione. Le orecchie della sala non erano disponibili ad accogliere quei pur timidi accenni alla democrazia di Pericle e all’orgoglioso popolo ucraino. Lo speaker ha preso atto del suo intervento, l’ha salutata ed è andato avanti. E lei, rivolta ai suoi assistenti e ignara che il microfono era ancora acceso: “Ahò, volevo morì…

3/fine

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Elvira 5 Marzo 2025 - 22:18

La Meloni so trova come tutti del resto in una situazione difficilissima. Salvini è una spina nel fianco della quale non può liberarsi. Ha un piccolo vantaggio nei rapporti con Trump e Mask del quale non conviene liberarsi. Non sarebbe un atto di coraggio o di fierezza. Sarebbe stupido. Conviene barcamenarsi in quanto qualche vantaggio ne potrebbe scaturire.
Ha una sua linea personale dichiarata alla quale si attiene il più possibile coerentemente. Attorno ha belve feroci pronte a sbranarla. Piú feroci in Italia che in Europa. Stigmatizzare gli errori o le imperfezioni ironizzando sui suoi interventi mi sembra ingeneroso oltre che rischioso per noi. Si é guadagnata la mia considerazione e forse la stima.

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