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LE CITAZIONI: Plutarco, l’anziano e la politica

by Ernesto Scelza
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In questo scritto, raccolto nei “Moralia”, Plutarco afferma che la politica è un’arte raffinata: richiede competenza, capacità di persuasione e molte altre qualità positive, ma soprattutto un equilibrio psichico maturato nelle esperienze di vita.

«Per un uomo di quest’età non è nemmeno il caso di ricoprire degli incarichi pubblici, tranne quelli che rivestono una certa importanza e conferiscono prestigio… Anche queste cariche, però, vanno esercitate non inseguendole ma scansandole, non sollecitandole ma declinandole, come se non assumessimo il potere per noi stessi, ma offrissimo noi stessi al potere. Vergognoso non è, come pretendeva Tiberio Cesare, porgere la mano al medico una volta passati i sessant’anni, ma semmai tenderla al popolo sollecitandone il voto o la voce in un’elezione: questo sì è ignobile e umiliante; ma quando, al contrario, è la patria a scegliere, a chiamare, a circondarci delle sue aspettative, c’è un che di solenne e di bello nel ricevere e accogliere un riconoscimento davvero insigne e prestigioso, rientrando in campo tra attestazioni di stima e d’affetto.

Un vecchio deve regolarsi in modo pressoché analogo anche nel prendere la parola in assemblea, evitando di proiettarsi in continuazione alla tribuna, di levare sempre, come un gallo, un canto di risposta a chi sta parlando, di togliere ai giovani, a forza di rimbeccarli e provocarli, le briglie del rispetto nei suoi confronti o di radicare in loro la pratica e l’abitudine alla disubbidienza e al rifiuto d’ascoltare, ma lasciando perdere in qualche occasione e consentendo ai giovani d’impennarsi e reagire contro la sua opinione, e rinunciando a essere sempre presente e a impicciarsi di tutto, a meno che non siano in grave pericolo la salvezza, il bene o il prestigio della città. In questo caso, anche se nessuno lo chiama, deve accorrere più in fretta di quanto consentano le sue stesse forze, appoggiandosi magari a un accompagnatore o facendosi trasportare in lettiga, come si racconta abbia fatto Appio Claudio a Roma. I Romani erano stati sconfitti da Pirro in una grande battaglia e il senato si preparava ad accogliere proposte di tregua e di pace; quando ne fu informato, la cosa gli parve intollerabile e, pur essendo completamente cieco, si fece trasportare attraverso il Foro fino alla Curia; appena entrato, si portò al centro, ed esordì dicendo che fino a quel momento soffriva per la perdita degli occhi, ma che allora si sarebbe augurato anche di essere sordo, per non sentirli deliberare e agire in modo tanto vergognoso e ignobile. Poi, in parte accusandoli, in parte elargendo insegnamenti ed esortazioni, li convinse a correre immediatamente alle armi e a battersi per l’Italia contro Pirro. Solone, a sua volta, quando ormai era chiaro che la politica demagogica di Pisistrato era solo un mezzo per imporre la tirannide, vedendo che nessuno aveva il coraggio di resistergli e fermarlo, prese le armi e le piazzò sulla porta di casa, invitando i cittadini a correre in aiuto; e a un inviato di Pisistrato, che gli chiedeva in che cosa confidasse per agire in quel modo: “Nella vecchiaia!”, rispose.

Situazioni così impellenti infiammano e rimettono in piedi anche vecchi completamente spenti, se solo respirano ancora; negli altri casi, come s’è detto, un vecchio farà bene talvolta a rifiutare incarichi marginali e di second’ordine, che arrecano più fastidi a chi li esercita che utilità e vantaggio per coloro per i quali vengono esercitati.»

Plutarco, Se un anziano debba fare politica, 20-22, (trad. di Giuliano Pisani).