«Nell’Impero romano d’Occidente la femminilità imperiale fu assunta dalla Chiesa, che insieme assorbì anche una parte inseparabile di mascolinità. L’Impero d’occidente non si riebbe mai da tale perdita d’intrinseca androginia. In Oriente, tuttavia, l’Impero bizantino, il cui simbolo era la doppia aquila, conservò la propria dualità archetipica fino alla storica data del 1453, quando Bisanzio cadde nelle mani dei turchi.
Il potere duraturo è sempre androgino. Il sovrano deve apparire insieme ricco e povero, magnifico e bisognoso. Deve mostrare una parte di sé vulnerabile, sofferente, perfino perseguitata. L’attrazione del vero potente deve consistere non solo nell’ispirare timore e meraviglia, ma anche pietà e perfino disprezzo. I re mesopotamici venivano schiaffeggiati e dovevano piangere durante la cerimonia della loro incoronazione. La più duratura istituzione nella storia dell’Occidente, la Chiesa cattolica, ha sempre fornito un’immagine di sé comprendente magnificenza, splendore, prepotente maestà, ma anche pietoso accattonaggio. La scarlatta pompa cardinalizia e i cenci monacali, il pugno di ferro delle Guardie svizzere e la mano compassionevole delle suore di carità sono, se non le due teste dell’aquila imperiale, certamente le due chiavi per aprire il cuore umano.»
Elémire Zolla, Androginia e potere del cristianesimo, in: L’umana nostalgia della consapevolezza.