Pubblicato a ridosso del sacco di Roma del 1527, poco prima della morte del suo autore, “Il libro del Cortegiano” è un trattato che affronta i temi caldi della crisi italiana nel contesto europeo. Lo storico Maurizio Viroli vi scopre la traccia del servilismo politico.
«I servi e i cortigiani che si sono messi al servizio di un uomo per ottenere ricchezze, onori e privilegi meritano il massimo disprezzo. Un parlamento pieno d’individui siffatti approverà cattive leggi che soddisfano i loro interessi e gli interessi del loro signore. I servi non possono dunque rappresentare cittadini liberi e neppure proteggere la libertà repubblicana. Riconoscerli non è difficile: parlano in modo da compiacere il loro padrone e non perdono occasione per esprimere il loro disprezzo per i cittadini che amano il bene comune e il governo della legge.
Baldassar Castiglione (nel “Libro del Cortegiano”, ndr) il grande maestro dei cortigiani italiani, ammoniva che studio principale della conversazione del cortigiano deve essere “farla grata” al suo signore. A tal fine, il cortigiano deve avere cura di non essere “apportator di nove fastidiose; non sarà inavvertito in dir talor parole che offendano in loco di voler compiacere; non sarà ostinato e contenzioso, come alcuni, che par che non godano d’altro che d’esser molesti e fastidiosi a guisa di mosche e fanno professione di contradire dispettosamente ad ognuno senza rispetto; non sarà cianciatore, vano o bugiardo, vantatore né adulatore inetto, ma modesto e ritenuto, usando sempre, e massimamente in publico, quella reverenzia e rispetto che si conviene al servitor verso il signore”.»
Maurizio Viroli, Scegliere il principe.