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LE CITAZIONI: Tucidide. La tregua breve nella lunga guerra

Guerra del Peloponneso

by Ernesto Scelza
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Il capitolo 26 del V libro della “Guerra del Peloponneso” si apre con quello che viene considerato dagli studiosi come un “secondo proemio” dell’opera, in cui la narrazione, espressa in prima persona, attesta una visione “unitaria” della “guerra dei ventisette anni” (431 a.C.-404 a.C.). La prima fase decennale è seguita dalla “Pace di Nicia”, che interrompe solo temporaneamente la guerra che, dopo la catastrofe della “Spedizione” in Sicilia, si concluderà con la vittoria spartana: regime dei “Trenta tiranni” e fine della democrazia di Atene. La “Pace di Nicia”, sottoscritta nel 421 a.C., avrebbe dovuto durare cinquant’anni, ma si rivelò un breve periodo di riarmo e di riorganizzazione delle alleanze che preluse alla ripresa del conflitto aperto.

 

«Anche la narrazione di questi avvenimenti è stata composta dallo stesso Tucidide di Atene, seguendo l’ordine del loro reale svolgimento, uno dopo l’altro, per estati e inverni, finché gli Spartani con gli alleati a fianco umiliarono la potenza ateniese e invasero le Lunghe Mura con il Pireo. Ventisette anni di guerra erano corsi fino alla data di questo evento. Poiché stilerà un giudizio erroneo, chi non convenga sul definire guerra l’intervallo d’anni in cui prevalse la tregua. Scruti alla luce dei fatti positivi gli elementi che distinsero questo periodo dal precedente o da quello che lo seguì: e potrà riscontrare quanto sia fuor di luogo attribuire gli autentici caratteri della pace a quest’epoca di passaggio: durante la quale né si riconsegnò, né si ottenne ciò che il negoziato aveva prescritto. Oltre a questa circostanza, si notino i conflitti contro Martinea e Epidauro e le trasgressioni al patto di cui, a diverse riprese, le due potenze si resero colpevoli. Non si allentò la tensione ostile con gli alleati della Tracia e i Beoti si riducevano a formulare armistizi che spiravano entro dieci giorni. Sicché cumulando gli anni della prima fase bellica, cioè un decennio, con quelli della tregua malsicura che ne fu l’epilogo e con quelli dell’aperta lotta che poi ne nacque, si troverà, calcolando secondo le epoche naturali dell’anno, il numero già riferito, con l’aggiunta di pochi giorni: risultato che, in questa sola occasione, centrò compiutamente le attese di chi affidandosi agli oracoli l’aveva previsto. Giacché serbo un ricordo personale, d’aver sentito sempre, dallo scoppio della guerra fino al suo termine, più d’uno asserire che la sua durata doveva essere di tre volte nove anni. L’ho vissuta intera, stagione dopo stagione, maturo d’anni per indagarla e intenderla criticamente, studiandone ogni fase con riflessiva premura, con rigore assoluto di documentazione e di scienza. Mi toccarono inoltre venti anni d’esilio dalla mia patria, frutto di quella strategia che esercitai ad Anfipoli; mi fu così dato ti frequentare ambedue i terreni d’operazione, e a causa della mia sorte di esule, d’esser vicino soprattutto al campo dei Peloponnesi e di documentarmi con scrupolo minuzioso su ogni piega su ogni sfumatura dei singoli episodi. Mi accingo ora a riferire i motivi di dissidio e le violazioni dell’accordo nell’intermezzo successivo ai dieci anni iniziali di guerra e le azioni belliche che ne trassero origine.»

Tucidide, Guerra del Peloponneso.