“La Resistenza delle donne” è prima di tutto un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite”: così la presentazione editoriale di questo lavoro della giornalista e storica Benedetta Tobagi che trae spunto dalle fotografie raccolte negli archivi e testimoniano la presenza e il ruolo delle donne nella Resistenza e nella lotta di Liberazione dal nazismo e dal fascismo. E qui commenta le immagini delle “Quattro giornate” di Napoli e delle figure di alcuni protagonisti. Tra queste, quella di Maddalena Cerasuolo, “Lenuccia ’a Sanità”.
«A Napoli, dal 28 settembre al 1o ottobre 1943, divampa la prima rivolta popolare spontanea contro la brutalità nazista. È la punta di diamante di un ribollire di azioni in varie zone del centro-sud. Bari, Barletta, Matera e la piccola “repubblica” di Maschito, in provincia di Potenza, che resistette venti giorni (antesignana delle repubbliche partigiane che nasceranno molti mesi dopo). Quasi a lavare l’onta della fuga vergognosa verso sud del re e di Badoglio, sono tanti i cittadini che si oppongono con fierezza ai nazisti che incendiano le fabbriche e giustiziano ufficiali e civili, contraddicendo coi fatti l’immagine di un Meridione sempre passivo.
Con le sue famose «quattro giornate» (i moti in realtà si protrassero per circa un mese), Napoli è la prima città a liberarsi da sola dall’esercito invasore, prima dell’intervento degli Alleati. Circa duemila cittadini, con alcune centinaia di militari, formano 17 gruppi rionali, armati coi fucili abbandonati dal regio esercito, che combattono dal Vomero al rione Sanità, da Barra a Soccavo. Improvvisano barricate accatastando mobili e oggetti casalinghi o rovesciando le carrozze dei tram, con cui bloccano l’avanzata dei mezzi pesanti tedeschi, e organizzano azioni di guerriglia.
A dar fuoco alle polveri sono proprio le donne stanche di guerra, anche qui per sottrarre gli uomini al tritacarne infernale della macchina bellica: già il 26 settembre avevano assaltato i camion che avrebbero dovuto deportare i renitenti rastrellati dai tedeschi. Molte partecipano anche all’insurrezione dei giorni successivi, come la crocerossina Filomena Galdieri, che rimane uccisa mentre soccorre un ferito. Ma l’icona femminile delle quattro giornate di Napoli è una donna affatto diversa. Sorprendente.
È Maddalena Cerasuolo, detta Lenuccia ’a Sanità, dal rione dove viveva, operaia di ventitre anni, l’eroina dell’insurrezione napoletana. Piccola ma formosa, disinvolta ai limiti della sfrontatezza, un musetto buffo da scugnizza sotto l’elmo troppo grande, sembra una maschera comica di Scarpetta; anche se impugna una pistola non riesce a risultare minacciosa. Eppure, con suo padre, fu una delle protagoniste degli scontri armati al quartiere Materdei e soprattutto dell’eroica difesa del Ponte della Sanità: riuscirono a impedire ai tedeschi di farlo saltare prima della ritirata.
Questa Napoli ribelle è presto inghiottita dalla città affamata e incattivita, schiacciata dalle clientele e ingolfata dagli espedienti. Decenni dopo la guerra, setacciando la sabbia dei ricordi delle donne partenopee, le ricerche di alcune storiche hanno documentato la persistenza dei cocci dell’attaccamento al Duce e alla Casa regnante (i napoletani votarono in massa per la monarchia, al referendum istituzionale del 2 giugno 1946). Resta in bocca il sapore amaro della presenza alleata, la Napoli raccontata nella Pelle di Curzio Malaparte, sprofondata in una lotta vergognosa per la sopravvivenza. La memoria delle Quattro giornate sopravvive nel cuore di pochi.
È una rondine che fa primavera altrove, soprattutto al Nord, che nell’autunno del ’43, mentre gli antifascisti freneticamente s’organizzano, guarda a Napoli come modello di ribellione possibile, con tanto di manifesti che enfatizzano il ruolo inedito delle donne e dei ragazzini (tra cui Gennaro Capuozzo, il cugino dodicenne di Lenuccia Cerasuolo che rimane ucciso negli scontri ed è insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria).»
Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne.