“Abbiamo cambiato paradigma: la guerra che si combatte oggi è una guerra perenne, una guerra che si combatte senza una teoria della vittoria. Quindi non avendo una teoria della vittoria, non c’è un obiettivo da raggiungere. È uno dei motivi per cui non finisce la guerra in Ucraina”, ha affermato di recente Mariarosaria Taddeo, filosofa che lavora all’Università di Oxford dove è vicedirettrice del Digital Ethics Lab e professore associato all’Oxford Internet Institute. In questo contributo del 2021, raccolto in “Il potere del pifferaio magico” a cura di Gianna Fregonara, afferma che “La nostra società è davanti ad una sfida… che potrebbe trasformarla per sempre. L’uso sempre più pervasivo in tutti i settori dell’Intelligenza Artificiale (IA) cambia la nostra percezione di quello che facciamo, delle nostre scelte, dal lavoro alla guerra, dalla ricerca all’aiuto domestico”.
«Per Intelligenza artificiale non intendiamo altro che macchine che si comportano come se fossero intelligenti (…). Dunque l’IA non è davvero intelligente, nel senso in cui lo è un essere umano, ma è la prima tecnologia nella storia dell’umanità che impara dalle sue interazioni con l’ambiente e interagisce con esso in modo ‘autonomo’. Questa autonomia e la capacità di imparare sono all’origine delle opportunità e dei rischi che l’IA pone (…). La sfida più grande è ragionare sul nostro progetto di società in cui l’IA non sarà più un fattore innovativo, ma una tecnologia essenziale, totalmente inglobata nelle infrastrutture e negli ambienti e da cui dipenderà il funzionamento della società stessa. Sarà un po’ com’è adesso per noi la corrente elettrica. Per questo il progetto va definito oggi. Oltre ad essere autonoma, l’IA è anche una tecnologia trasformativa: non solo cambia il modo in cui facciamo le cose, ma cambia il modo in cui concepiamo il mondo e le nostre interazioni con esso.
(…) Per millenni le guerre sono state concepite come attività aggressive veicolate con la violenza. Ora con l’IA come ultima innovazione digitale abbiamo tagliato questi due concetti: la guerra non è più violenta. Ma non per questo, la guerra ha smesso di essere aggressiva, visto che può ancora essere ingiusta e tornare facilmente ad essere violenta… I rischi riguardano il potenziale aumento del numero di conflitti e vittime. Il vantaggio dei conflitti basati sulle tecnologie digitali di essere incruenti ha l’inconveniente di rendere la guerra meno problematica per dispiegamento di forze e quindi più facile per gli Stati impegnarsi in conflitti basati sul digitale. Paradossalmente, se non regolamentata, la guerra cibernetica potrebbe portare ad una crescita del numero dei conflitti e quindi minare la stabilità internazionale. Oramai molti Paesi prevedono di implementare l’IA per la difesa informatica nazionale, generando una corsa agli armamenti informatici che potrebbe creare un circolo vizioso che rischierebbe di portare anche ad un attacco fisico.
(…) Quando si utilizzano armi (semi) autonome per attacchi informatici, è difficile sia identificare e punire eventuali aggressori, sia attribuire responsabilità per l’uso improprio dei sistemi digitali. Servono regole chiare e applicate severamente. Il cyberspazio è un dominio di guerra e l’IA è una nuova capacità di difesa… Credo che adesso spetti a forum regionali, come la Nato e l’Unione Europea ma anche l’Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico, ndr), rilanciare gli sforzi e preparare il terreno per un’iniziativa guidata dalle Nazioni Unite.»
Mariarosaria Taddeo, Costruire l’etica dell’Intelligenza Artificiale.