Scrittrice, filosofa, storica, Susan Sontag in “Davanti al dolore degli altri” tratta della percezione della guerra e delle forme della sua comunicazione. A partire da “Le tre ghinee” di Virginia Woolf, che nel 1938 aveva espresso la condanna delle radici della guerra -“maschile”- che si andava annunciando.
«Chi crede oggi che la guerra possa essere abolita? Nessuno, neppure i pacifisti. Speriamo soltanto (e finora invano) di fermare i genocidi, di consegnare alla giustizia chi commette gravi violazioni delle leggi di guerra (perché esistono leggi di guerra, a cui i combattenti dovrebbero attenersi) e di riuscire a fermare certe guerre imponendo alternative negoziali al conflitto armato. Oggi ci è forse difficile prestare fede al disperato proposito indotto dallo shock successivo alla Prima guerra mondiale, quando prese finalmente corpo la percezione della rovina che l’Europa aveva provocato a sé stessa. Ma condannare la guerra in quanto tale non sembrava così futile o irrilevante all’indomani delle fantasie cartacee del Patto Kellogg-Briand del 1928, col quale quindici importanti nazioni, tra cui Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia e Giappone, rinunciavano solennemente alla guerra come strumento di politica nazionale; nel 1932 persino Freud e Einstein furono coinvolti nel dibattito con un pubblico scambio epistolare intitolato “Perché la guerra?”.»
Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri.