La natura libera e incondizionata della clemenza è affermata da una donna, Porzia, ne “Il mercante di Venezia” di Shakespeare. Davanti al Doge, e nei panni di Baldassarre, un giovane dottore di Roma, prende la parola a favore di Antonio e chiede clemenza a Shylock l’ebreo, che pretende il rispetto di un contratto sottoscritto tra le parti: disporre di una libbra della carne di Antonio a risarcimento di un debito.
Porzia:
Conosco nei dettagli questa causa.
Chi è il mercante qui? E chi l’ebreo?
Doge:
Antonio e vecchio Shylock, fatevi avanti.
Porzia:
Vi chiamate Shylock?
Shylock:
Mi chiamo Shylock.
Porzia:
La causa che intentate è strana di per sé,
ma è regolare, e la legge di Venezia
non può opporsi se procedete.
(Ad Antonio) Siete alla sua mercé, non è vero?
Antonio:
Sì, a quanto dice.
Porzia:
Riconoscete il contratto?
Antonio:
Lo riconosco.
Porzia:
Allora l’ebreo deve essere clemente.
Shylock:
Cosa me lo impone? Vorrei saperlo.
Porzia:
Per sua natura, la clemenza non si impone,
scende gentile come pioggia dal cielo
giù sulla terra. Due volte benedetta:
per chi la dona e per chi la riceve.
È più potente in chi ha il potere, si addice
al monarca in trono più della corona.
Lo scettro mostra la forza del potere temporale,
emblema della riverita maestà,
in cui risiede il timore devoto per i re;
ma la clemenza supera il potere dello scettro;
il suo trono è nel cuore dei sovrani,
è l’attributo specifico di Dio,
e il potere terreno è più simile al divino
quando la clemenza attenua la giustizia. Dunque, ebreo,
tu che reclami giustizia, sappi questo:
dando corso alla giustizia, nessuno di noi
si salverebbe. Noi imploriamo clemenza,
e questo appello esorta tutti noi
ad atti di clemenza. Ecco ho parlato tanto
per mitigare la giustizia della tua richiesta,
se tuttavia persisti, questa corte severa di Venezia
non può che condannare quel mercante.
Il mercante di Venezia, IV,I (trad. Dario Calimani).