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LE CITAZIONI: Senofonte, la solitudine del tiranno

by Ernesto Scelza
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In questo dialogo Ierone, tiranno di Siracusa, ha di fronte il poeta Simonide, suo ospite, e paragona gli anni in cui era un semplice cittadino e il periodo da monarca. Il fine è quello di mostrare che, al di là delle apparenze, la vita del tiranno non sarebbe affatto serena e ricca di piaceri e soddisfazioni.

«(Ierone): Ti parlerò anche, Simonide, di un’altra afflizione, difficile da sopportare, del tiranno. Non meno dei privati, infatti, il tiranno conosce i valenti, i sapienti, i giusti; ma invece di ammirarli li teme: i valorosi, perché potrebbero tentare qualche audace azione per amore della libertà; i sapienti, perché potrebbero ordire qualche macchinazione; i giusti, perché la moltitudine potrebbe desiderare di essere governata da questi. Quando, per paura, abbia tolto di mezzo siffatte persone, di chi altri potrebbe servirsi se non di individui iniqui, dissoluti e servili? Gli iniqui ispirano fiducia perché, al pari del tiranno, temono di essere sottomessi al potere delle città, una volta tornate libere; i dissoluti per la licenza di cui per il momento godono; gli individui servili, perché non desiderano essere liberi. Dunque, secondo me, anche questa è un’afflizione difficile da sopportare: considerare gente dabbene alcune persone ed essere invece costretti a servirsi di altri individui.

È inoltre necessario che anche il tiranno ami la sua città; senza la sua città, infatti, non potrebbe né salvarsi né essere felice. La tirannide, però, lo costringe ad avversare la patria. In effetti il tiranno non si rallegra a rendere i cittadini forti o bene armati, ma trova maggior piacere nel far diventare gli stranieri più temuti dei cittadini e si serve di loro come guardie del corpo. D’altra parte neppure quando nelle buone annate c’è abbondante raccolto, neppure allora il tiranno gioisce con i suoi sudditi; pensa, infatti, che più poveri essi sono, più sono a lui sottomessi.»

Senofonte, Ierone, cap 5 (trad. Gennaro Tedeschi).