È la prima parte di “Verranno di notte”, in cui Paolo Rumiz, con la sua scrittura poetica in prosa, “sente la notte di malaugurio di un’Europa assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell’economia.
E chi dorme stanotte.
Tira un vento di malaugurio
puzza di carne bruciata, kerosene e gas di scarico
il mio naso è un anemometro, non sbaglia
avverte un fetore inconfondibile
come quando un razzo antitank fa saltare un blindato con uomini dentro
vi auguro di non sentirlo mai quell’odore
è lo stesso tanfo dei poteri selvaggi che ci schiacciano
puzza di censura sul libero pensiero
i miei occhi vedono gente che tace e si adegua
le orecchie sentono dire “nazione” con frequenza sospetta
la lingua sta cambiando
la parola “libertà” si ascolta sempre meno
anche “pace” è bocciata, è sinonimo di codardia
nella mia Italia e altrove i ragazzi che portano la sua bandiera sono presi
a manganellate
giovani schedati come criminali
giovanissimi anzi, quasi bambini
hanno dovuto ricoverarli in Pediatria
ragazzini odiati in quanto tali in un’Europa di vecchi
impudenti che osano chiedere un futuro di fratellanza e non di guerra
e non sanno che il cambiamento in peggio è già partito, dal vocabolario
leggete subito Victor Klemperer, che lo mostrò col nazismo
ormai la parola “identità” dilaga fino a perdere senso
non serve più a dire chi sei e da dove vieni
ma a cercar la rissa e a sdoganare armi
“identità”, stessa radice di “idiotes”
che in greco vuol dire “quelli ripiegati su sé stessi”
o meglio ancora: “quelli che vivono guardandosi l’ombelico”
come mi spiegò un vecchio in un’isola dell’Egeo mostrandosi la pancia
gli idioti, quelli che hanno paura della complessità del mondo
e non si lasciano fecondare dall’incontro con l’Altro.
Idioti.