Il filosofo Franco Rella introduceva una serie di testi sulla bellezza raccolti in “Bellezza e verità” con una riflessione che prende spunto da due versi di Friedrich Schiller: “Riunificare il mondo diviso sotto le bandiere della verità e della bellezza”.
«Baudelaire è stato il primo, forse, che ha visto fino in fondo la necessità di rompere l’armonia della bellezza, sia a livello dell’idea in sé, sia a livello di manifestazione dell’armonia naturale (la bellezza “katà physin” di Aristotele), e di proporre un’idea di bellezza disarmonica, extra-naturale: come oltranza e come supplemento. Attraverso l’artificio, per esempio del trucco femminile, attraverso l’occhio cerchiato di ombretto, Baudelaire cercava una finestra sull’infinito.
Flaubert, con la sua idea di stile, come una rete tesa sopra l’insensatezza del mondo, scopre nella sua distanza da ogni tentazione mimetico-imitativa (da ogni realismo) la verità del mondo che non si dà nella sua mera manifestazione.
In questo compito di costruire bellezza egli individua la più alta istanza etico-conoscitiva che l’uomo possa darsi, in un eccesso rispetto alle abitudini conoscitive e morali, che supera l’ansia e l’allucinazione del mistico puro.
Simone Weil ha affermato che “ogni valore che appare nel mondo sensibile è bellezza”. Ma se “il bello è l’apparenza manifesta del reale”, dobbiamo tener presente che “il reale è essenzialmente la contraddizione”. La bellezza rende visibile e conoscibile la contraddizione, per questo è “scandalo”, è “smembramento”, rottura degli assetti ricevuti, pensiero che pensa insieme il suo contrario, per cui “in ogni bellezza c’è contraddizione irriducibile”.
La componente, forse inconsciamente gnostica di Baudelaire e di Flaubert, è invece esplicita in Simone Weil, per la quale portare a termine la creazione significa de-creare, rompere, mettere in crisi, aprirsi attraverso questa rottura all’altro.»
Franco Rella, Il dissidio della bellezza.