Giovanni Raboni, poeta, critico teatrale e traduttore, esponente della corrente poetica “lombarda cresciuta attorno a Eugenio Montale, ci ha lasciato versi memorabili tesi a cogliere la realtà profonda delle persone e delle cose: “Mi sembrava che una poesia fosse un vetro attraverso il quale si potevano vedere molte cose – forse, tutte le cose”.
Queste strade che salgono alle mura
non hanno orizzonte, vedi: urtano un cielo
bianco e netto, senz’alberi, come un fiume che volta.
Da qui alle processioni
dei signori e dei cani
che recano guinzagli, stendardi
reggendosi la coda
ci saranno novanta passi, cento, non di piú: però piú giù, nel fondo della
città
divisa in quadrati (puoi contarli) e dolce
come un catino… e poco piú avanti
la cattedrale, di cinque ordini sovrapposti: e proseguendo
a destra, in diagonale, per altri
trenta o quaranta passi – una spanna: continua a leggere
come in una mappa – imbrocchi in pieno l’asse della piazza
costruita sulle rocciose fondamenta del circo
romano
grigia ellisse quieta dove
dormono o si trascinano enormi, obesi, ingrassati
come capponi, rimpinzati a volontà
di carni e borgogna purché non escano dalla piazza! i poveri
della città. A metà tra i due fuochi
lì, tra quattrocento anni
impiantano la ghigliottina.
Città dall’alto.