L’età dei genocidi non è alle nostre spalle. Pier Paolo Portinaro, già allievo di Norberto Bobbio, fa una ricostruzione storica e comparativa dei casi di genocidio e democidio dello scorso secolo, che inducono a ritenere che anche il XXI secolo sarà un secolo di pulizie etniche e di genocidi.
«Il XX secolo si è consegnato alla storia come il “secolo dei genocidi” – e questa è senza dubbio una delle più pesanti eredità che abbia lasciato alla nostra epoca. Esso può essere definito secolo dei genocidi non solo per la dimensione quantitativa che tali manifestazioni di violenza vi hanno assunto, in un pauroso bilancio di vite umane, e per la varietà di fenomeni genocidari, e democidari, che si sono presentati all’occhio dell’osservatore, ma anche per il carattere d’intenzionalità totalitaria che li connota e che trova giustificazione in un’elaborata ideologia (in molti casi utopico-razziale, in altri utopico-sociale) e per l’essere divenuti elementi costitutivi di politiche nazionaliste radicali – la forma estrema della pulizia etnica – o di programmi rivoluzionari – aventi come finalità l’epurazione della società dalle tradizionali classi dominanti (…).
Sui dati quantitativi non c’è e non può esserci, per la problematicità delle fonti, consenso. E nondimeno la loro magnitudine è schiacciante. Il bilancio delle vittime dei soli genocidi in tale secolo ammonta, secondo le stime più prudenti, intorno ai 40 milioni di uomini e donne, ma vi e chi si spinge ben oltre i 100 milioni. (…) Non vi è dubbio che sia stata la Shoah a catalizzare, all’indomani della seconda guerra mondiale, l’interesse scientifico e a destare allarme politico per il fenomeno. Ma Raphael Lemkin, che già nel 1933, per la Conferenza sull’unificazione del diritto penale svoltasi a Madrid, aveva preparato un testo in cui impiegava i termini barbarity per designare un crimine definibile come “distruzione premeditata di collettività razziali, religiose o sociali” e vandalism per definire la correlata “distruzione di opere d’arte e di cultura di tali collettivita”, aveva acquisito consapevolezza della sfida che determinate pratiche persecutorie, da sempre attestate, rappresentavano per la civiltà giuridica moderna, meditando sul genocidio degli armeni. È significativo poi che a definire la storia come una serie di genocidi (“eine Reihe von Volkermorde”) fosse Freud, e che questa affermazione cadesse proprio nell’anno di quel primo genocidio ‘moderno’ della storia. Con il genocidio armeno gli storici hanno registrato un salto di qualità: e si e arrivati a sostenere che, a partire da quello, nel XX secolo i genocidi incorrono in un “cambio di paradigma verso un nuovo tipo di genocidio totale”.»
Pier Paolo Portinaro, L’imperativo di uccidere.