Gorgia, nel dialogo omonimo, ha appena difeso l’arte retorica dall’uso contrario alla giustizia che se ne può fare, ma Socrate gli ribatte che la retorica è più persuasiva delle altre arti solo davanti agli incompetenti, e che essa non è il grado di insegnare cosa è giusto e cosa non lo è.
«(Socrate): Io sono uno che con piacere mi lascio confutare se non dico la verità, che con piacere confuto, se altri non dice il vero, e che, senza dubbio, accetto d’essere confutato con un piacere non minore di quello che provo confutando. Infatti, ritengo l’esser confutato come un maggior beneficio, tanto maggiore, quanto è meglio essere liberati dal male più grande che liberarne altri. In realtà, non v’è male più grande, per l’uomo, di una falsa opinione sull’argomento di cui stiamo discutendo adesso. E allora, concludendo, se anche tu dichiari di essere quale sono io, discutiamo; se, invece, pensi sia meglio smettere, lasciamo andare e poniamo fine al discorso. (…) Ascolta, Gorgia, quello che nel tuo ragionamento mi ha stupito: ma, forse, tu hai detto cose giuste e sono stato io a non aver capito bene. Tu sostieni, dunque, di avere la capacità di formare retore chiunque voglia apprendere l’arte da te… E in modo tale che su ogni soggetto sia possibile convincere una gran folla riunita, non insegnando, ma persuadendo? … Ma appena un momento fa dicevi che anche su questioni relative alla salute il retore sarebbe più persuasivo del medico.
(Gorgia): L’ho detto sì, ma qualora ci si trovi dinanzi a una folla riunita.
(Socrate): Ma questo “dinanzi a una folla riunita”, significa dire “di fronte a ignoranti”? Poiché, senza dubbio, dinanzi a chi sappia, il retore non riuscirebbe più persuasivo del medico…Quando dunque il retore è più persuasivo del medico, in realtà è chi è ignorante tra ignoranti che sarà più persuasivo di chi ha scienza…Tale la condizione propria del retore e della retorica, anche rispetto a tutte le altre arti: non c’è nessun bisogno che la retorica conosca i contenuti; le basta avere scoperto una certa qual tecnica di persuasione, sì da potere apparire ai non competenti di saperne di più dei competenti.
(Gorgia): E non è questa, Socrate, una gran facilitazione? non avendo appreso le altre arti, ma questa sola, non essere affatto inferiore ai tecnici?
(Socrate): Se tale sia la ragione per cui il retore è o no inferiore agli altri, lo esamineremo dopo, qualora il nostro ragionamento lo richieda; ora, invece, cerchiamo di vedere se pur nei confronti del giusto e dell’ingiusto, del brutto e del bello, del bene e del male, il retore si trovi nelle stesse condizioni in cui si trova nei confronti della salute e dei contenuti delle altre arti, e cioè di non sapere cosa sia il bene e il male, il bello e il brutto, il giusto e l’ingiusto, ma solo abbia escogitato un qual certo strumento di persuasione, sì che, pur non sapendo, sembri, tra gl’ignoranti, di sapere più di chi veramente sa? Oppure è necessario che sappia e deve avere già appreso queste cose prima di venire da te con l’intenzione di studiare la retorica? Se no, tu, maestro di retorica, non insegnerai affatto queste cose al nuovo discepolo – non è affar tuo -, ma farai sì ch’egli appaia alla folla come se, pur ignorandole, le sappia, e, pur senza esserlo, appaia buono? O non sarai affatto in grado d’insegnare la retorica a chi prima non conosca la verità su questi argomenti? Insomma, Gorgia, come stanno, in realtà, le cose? in nome di Zeus, svelaci, come già prima avevi detto, quale sia la natura della retorica e quali siano le sue possibilità!»
Platone, Gorgia, 458a-b, 459a-460a (trad. Francesco Adorno).