Questa poesia di una delle voci più straordinarie e ispirate della nostra letteratura appare nel numero 86 del luglio/agosto 1995 della rivista “Poesia”, e quindi raccolta, nel 1998, ne “La luna che trascorre” per i tipi di “Empiria” e la cura di Giacinto Spagnoletti. In questi versi della maturità rispetto a quelli giovanili, osserva la stessa Anna Maria Ortese, “il paesaggio, intorno, muta: non è più il paese mediterraneo, e le emozioni della giovinezza contano poco, o non ci sono più. C’è l’ansia di qualche altra verità, c’è la paura, la solitudine e la notte, soprattutto, come aspirazione, riposo, speranza. Ci sono, in fuga, anche le cose italiane, e una intolleranza del vivere – del mondo – che si fa sempre meno saggia (equilibrata)”.
Più necessario della notte, ascolti
godendo la mia pena.
Sola come le rocce che tranquille
emergono dai flutti, io prego il mare
delle tue labbra di placarmi. È giorno
senza bellezza o grido. Tu potresti
mutarmi in onda, se volessi, tu
se t’accostassi a cingermi. Reclino
il capo immaginando, ed ardo e tremo.
Come non torni? Come non ti accoglie
questo richiamo di fanciulla? Dove
trovare la pietà, se tu che dolce
sei come il vento, non mi sfiori? Assorto,
vociferando mitemente il mare
mi lambe, e io penso le tue mani, e gemo.
Più necessario della notte.