È stato scritto nel 1929-1930 il libro più noto di Ortega y Gasset, “La ribellione delle masse”, che ha lasciato lunga traccia di sé nella memoria del Novecento. Perché interroga un fatto che, bene o male che sia, è tuttora decisivo nella vita pubblica europea dell’ora presente: l’avvento delle masse al pieno potere sociale.
«Ebbene: esistono nella società operazioni, attività, funzioni dei più diversi ordini, che sono, per la loro stessa indole, speciali, e, di conseguenza, non possono essere eseguite senza doti anch’esse speciali. Per esempio: certi piaceri di carattere artistico e lussuoso, oppure le funzioni di governare e di giudizio politico sugli affari pubblici. Prima queste attività speciali erano esercitate da minoranze qualificate – o che pretendevano essere tali -. La massa non pretendeva di intervenire in esse: si rendeva conto che se voleva intervenire doveva effettivamente acquistare queste doti speciali e cessare di essere massa. Conosceva la sua funzione in una sana dinamica sociale. Se adesso ci rifacciamo indietro ai fatti enunciati all’inizio, ci appariranno inequivocabilmente come sintomo di un cambiamento d’attitudine nella massa. Essi indicano tutti che questa ha deciso d’avanzare al primo piano sociale e occupare i luoghi e usare i mezzi e godere i piaceri che prima erano patrimonio di pochi. È evidente, per esempio, che gli edifici pubblici non erano previsti per la moltitudine, dato che la loro dimensione è assai ridotta e la folla ne trabocca continuamente dimostrando a vista e in modo limpido il fatto nuovo: la massa che, senza cessare di esserlo, soppianta le minoranze.
Nessuno, io credo, deplorerà che le genti godano oggi in numero e misura maggiori che per il passato, dato che ora ne hanno il gusto e i mezzi. Il male è che questa decisione presa dalle masse di assumere le attività proprie delle minoranze, non si manifesta, né potrebbe manifestarsi, soltanto nell’ordine dei godimenti, ma essa si rivela come una maniera generale di questo tempo. Così – anticipando ciò che vedremo quanto prima – credo che le innovazioni politiche degli anni più recenti non significano altro che l’imperio politico delle masse. La vecchia democrazia viveva temperata da un’abbondante dose di liberalismo e d’entusiasmo per la legge.
Nel servire questi princìpi l’individuo si obbligava a sostenere in sé stesso una disciplina difficile. Sotto la protezione del principio liberale e della norma giuridica potevano agire e vivere le minoranze. Democrazia e legge, convivenza legale, erano sinonimi. Oggi assistiamo al trionfo di una iperdemocrazia in cui la massa opera direttamente senza legge, per mezzo di pressioni materiali, imponendo le sue aspirazioni e i suoi gusti. È falso interpretare le nuove situazioni come se la massa si fosse stancata della politica e ne devolvesse l’esercizio a persone speciali. Tutto il contrario. Questo era quello che accadeva nel passato, questo era la democrazia liberale. La massa presumeva che, in ultima analisi, con tutti i loro difetti e le loro magagne, le minoranze dei politici si intendevano degli affari pubblici un po’ più di essa. Adesso, invece, la massa ritiene d’avere il diritto di imporre e dar vigore ai suoi luoghi comuni da caffè. Io dubito che ci siano state altre epoche della storia in cui la moltitudine arrivasse a governare così direttamente come nel nostro tempo. Per questo parlo di iperdemocrazia.»
José Ortega y Gasset, La ribellione delle masse.