Oleg Orlov, settantenne, biologo, è uno dei fondatori di “Memorial”, una associazione per la difesa dei diritti umani in Russia. È stato condannato il 27 febbraio di quest’anno a 2 anni e mezzo di reclusione per aver pubblicato un articolo contro la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, in cui sosteneva che la Russia è oggi governata da un regime totalitario e fascista. A seguito di una trattativa internazionale è attualmente libero, ma non può rientrare in Russia.
«Quali sono le analogie e le differenze tra la fine dell’era sovietica e la situazione attuale?
Le analogie sono molte. La gente che è costretta a scegliere di conformarsi, per esempio. Il conformismo come metodo di sopravvivenza sociale imposto con la forza. La negazione del conformismo che si fa minaccia, nel tardo periodo sovietico e anche oggi. Ai tempi di Stalin era diverso, lo so: quello non era conformismo, ma obbligo di condividere l’estasi con il regime per sopravvivere. Ora, però, si sta facendo la stessa, identica cosa. Negli ultimi anni dell’Unione Sovietica, ovviamente, era tutto più smussato. La Russia di oggi non è ancora la Cecenia di Kadyrov, dove sei sempre tenuto a esprimere il tuo sostegno al regime. La Russia di Putin non ha ancora raggiunto questo stadio, è più simile alla situazione in epoca tardo-sovietica. Le differenze… A mio avviso, probabilmente ora è peggio. Vede, ai tempi dell’Unione Sovietica le regole del gioco erano chiare, le conoscevamo. Sapevi che l’indomani non ti avrebbero chiesto nulla di più del giorno prima. Ora le regole cambiano, sono mutevoli, e la situazione sta precipitando. Il picco, il crollo drastico, l’abbiamo avuto dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ora è meno netto, ma la caduta è continua. Dopo una relativa, pur minima libertà, il potere deve inevitabilmente reprimere per scoraggiare la popolazione dall’aprire bocca. Da questo punto di vista la situazione è molto diversa da quella della fine dell’epoca sovietica. Ora, però, siamo molti di più a opporci. Noi siamo di più rispetto alla comunità dei dissidenti. Quanto a samizdat e tamizdat (le pubblicazioni clandestine dei dissidenti, ndr), oggi non è più necessario passarseli di mano in mano di nascosto per non finire in galera. Ora c’è il VPN (Virtual Private Network, rete privata virtuale, ndr), e grazie al VPN molti leggono, osservano e simpatizzano, anche se non scenderanno mai in piazza né diranno mai nulla pubblicamente. C’è chi si oppone attivamente e chi lo fa passivamente: è comunque meglio di una volta. Tra l’altro, il livello di opposizione tra i giovani è molto più alto rispetto alla fine dell’epoca sovietica.»
Oleg Orlov (“Memorial Italia”), Oggi è peggio dell’epoca sovietica, ma siamo molti di più a opporci.