Martha Nussbaum, inizia a scrivere le considerazioni poi espresse in “La monarchia della paura” all’indomani della prima vittoria elettorale di Donald Trump nelle Presidenziali Usa: tanto che il sottotitolo del libro che ne scaturisce recita “Considerazioni sulla crisi politica attuale”. In una breve introduzione, la filosofa esprime lo “shock” prodotto in una intellettuale “liberal” la notizia della vittoria di Trump. Ora, dopo la parentesi della Presidenza Biden, il leader di un Partito repubblicano ulteriormente radicalizzato in senso conservatore e “suprematista” è tornato a vincere le elezioni. Mi sembra interessante riproporre alcuni spunti di quelle prime riflessioni.
«C’è molta paura oggi negli Stati Uniti, e questa paura è spesso mescolata a rabbia, colpa e invidia. La paura troppo spesso blocca la deliberazione razionale, avvelena la speranza e impedisce la cooperazione costruttiva per un futuro migliore.
Ma di che cosa si ha paura oggi? Molti americani si sentono impotenti, senza controllo sulla propria vita. Temono per il loro futuro e per quello dei loro cari. Temono che il sogno americano – quella speranza che i figli possano avere un futuro migliore dei propri genitori – sia morto e di essere rimasti senza nulla in mano. Questi sentimenti si fondano su problemi reali delle classi popolari, fra cui la stagnazione dei redditi, l’allarmante peggioramento delle condizioni di salute e dell’aspettativa di vita, in particolare degli uomini, e i costi crescenti dell’istruzione superiore nel momento stesso in cui il possesso di un diploma di laurea è sempre più una condizione indispensabile per trovare un impiego. Ma i problemi reali sono difficili da risolvere e la loro soluzione richiede un’analisi complessa e dettagliata e uno sforzo di cooperazione verso un futuro incerto. Di conseguenza, può sembrare fin troppo facile convertire quel senso di panico e di impotenza in un processo che incolpa e prende le distanze da categorie subalterne come le minoranze razziali, le donne, gli immigrati: «loro» hanno rubato il nostro lavoro. Oppure: le élite facoltose hanno saccheggiato il nostro paese.
I problemi che la globalizzazione e l’automazione creano per gli americani delle classi meno abbienti sono reali, profondi e apparentemente insolubili. E anziché affrontare tali difficoltà e incertezze, le persone che percepiscono un declino del proprio tenore di vita si inventano dei colpevoli e così un miraggio prende forma: se «noi» possiamo in qualche modo tenere «loro» fuori (costruire un muro) o tenerli «al loro posto» (in posizioni subordinate), «noi» possiamo riconquistare il nostro orgoglio e, per gli uomini, la mascolinità. La paura porta quindi a strategie aggressive, alla «creazione di alterità» piuttosto che a utili analisi.»
Martha C. Nussbaum, La monarchia della paura.