“Com’è possibile che Israele, un paese costruito per ospitare un popolo perseguitato e senza patria, sia giunto a esercitare un potere di vita e di morte così terribile su un’altra popolazione di rifugiati?” si chiede lo scrittore indiano Pankaj Mishra. “Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 e il conflitto in Medio Oriente che ne è derivato, Mishra riconsidera le due letture concorrenti del secolo scorso: se da un lato si è celebrato il trionfo dell’Occidente sui totalitarismi, lo stesso rilievo non è stato attribuito alle lotte per l’indipendenza dei paesi del Sud del mondo”.
«Il 19 aprile 1943 alcune centinaia di giovani ebrei del ghetto di Varsavia imbracciarono tutte le armi che riuscirono a trovare e si ribellarono ai loro persecutori nazisti. La maggior parte degli ebrei del ghetto erano già stati deportati nei campi di sterminio. Gli insorti, come ha ricordato uno dei loro leader, Marek Edelman, cercavano di salvare un minimo di dignità: “Si trattava semmai di non farci scannare, quando è arrivato il nostro turno. Si trattava solo della scelta del modo di morire”.
Dopo alcune settimane disperate, i resistenti furono sopraffatti e per lo più uccisi… Solo in pochi riuscirono a fuggire passando per le fognature. I soldati tedeschi poi diedero fuoco al ghetto, isolato per isolato, usando i lanciafiamme per stanare i sopravvissuti.
(…) L’annientamento di Gaza da parte di Israele, supportato dalle democrazie occidentali, ha inflitto per mesi questa tortura psicologica a milioni di persone, testimoni involontari di un atto di malvagità politica che di tanto in tanto si sono concessi di pensare che fosse bello essere vivi, per poi sentire le urla di una madre che guardava la figlia morire bruciata nell’ennesima scuola bombardata da Israele.
La Shoah ha traumatizzato diverse generazioni di ebrei: nel 1948 gli ebrei israeliani hanno vissuto la nascita del loro stato nazionale come una questione di vita o di morte, e poi di nuovo nel 1967 e nel 1973, circondati dalla retorica annientatrice dei loro nemici arabi. Per molti ebrei cresciuti con la consapevolezza che il loro popolo in Europa era stato quasi interamente sterminato senza nessun’altra ragione se non quella di essere ebreo, il mondo non può che apparire fragile. I massacri e il rapimento degli ostaggi in Israele il 7 ottobre 2023 da parte di Hamas e di altri gruppi palestinesi hanno riacceso in loro la paura di un nuovo Olocausto.
Ma è stato subito chiaro che la leadership israeliana più fanatica della storia non si sarebbe tirata indietro davanti alla possibilità di sfruttare un onnipresente senso di violazione, lutto e orrore. I leader israeliani hanno rivendicato il diritto all’autodifesa contro Hamas, ma come ha riconosciuto nell’agosto del 2024 Omer Bartov, uno dei maggiori storici dell’Olocausto, hanno cercato fin dall’inizio di “rendere l’intera Striscia di Gaza inabitabile e di indebolirne la popolazione al punto che o si sarebbe estinta o avrebbe cercato tutte le opzioni possibili per fuggire”. Così, per mesi dopo il 7 ottobre, miliardi di persone hanno assistito al brutale assedio di Gaza, le cui vittime, come ha affermato Blinne Ní Ghrálaigh, avvocata irlandese e rappresentante del Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, “trasmettevano la distruzione in tempo reale nella disperata, finora vana, speranza che il mondo facesse qualcosa”.
Il mondo, o più precisamente l’Occidente, non ha fatto nulla.»
Pankaj Mishra, Il mondo dopo Gaza.