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LE CITAZIONI: Matteotti, quel 10 giugno del ’24

by Ernesto Scelza
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Come scrive Walter Veltroni nell’introduzione, Matteotti “vede prima di altri la natura violenta e l’intenzione totalitaria del fascismo” e con questo libro denuncia, “in modo tanto puntiglioso e circostanziato quanto coraggioso, le violenze fasciste che si stanno intensificando in ogni parte d’Italia”.

«Si sa ormai quasi tutto, di ciò che accadde quel giorno. Le quattro e mezza del pomeriggio del 10 giugno 1924. Il giovane deputato socialista, trentanove anni appena compiuti, esce dalla sua casa romana in via Pisanelli, diretto alla biblioteca di Montecitorio, per ultimare il discorso che avrebbe tenuto l’indomani, alla riapertura della Camera dei deputati. Percorre a piedi via degli Scialoja, e arriva all’imbocco del Lungotevere Arnaldo da Brescia, dove ad aspettarlo trova i suoi assassini, capeggiati da Amerigo Dumini e Albino Volpi. In tutto sono cinque e fanno parte della famigerata “Ceka fascista”, l’organizzazione di polizia segreta voluta da Mussolini. A dirigerla sono due degli uomini a lui più vicini: Cesare Rossi, capo del suo ufficio stampa ed “eminenza grigia” del fascismo, e Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del Pnf, il Partito nazionale fascista.

La squadraccia aggredisce Matteotti, lo picchia selvaggiamente e lo carica sulla macchina, una Lancia, che si dirige a tutta velocità verso la via Flaminia. L’uccisione avviene nell’abitacolo dell’auto, pochi minuti dopo il rapimento, con un colpo di pugnale al torace, mentre la vittima si dibatte e cerca di difendersi come può. Il cadavere, ormai in decomposizione, verrà trovato più di due mesi dopo, il 16 agosto, a una ventina di chilometri da Roma, nella macchia della Quartarella, vicino a Riano Flaminio.

Si sa ciò che avvenne e si sa chi fu il mandante politico e morale – al di là di quanto la richiesta fosse stata esplicita o giocata sulle parole – del delitto. Fu Mussolini, che d’altro canto pochi mesi più avanti, nel famoso intervento del 3 gennaio 1925 alla Camera che segnerà il vero inizio del regime con il via alle “leggi fascistissime”, chiuderà brutalmente la questione affermando: “Se il fascismo è stato ed è un’associazione a delinquere, io sono a capo di questa associazione a delinquere. Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato”.

Si sa anche perché Matteotti doveva essere eliminato, quale era stata la goccia che agli occhi di Mussolini e dei suoi aveva decisamente fatto traboccare il vaso. Una manciata di giorni prima, il 30 maggio, Matteotti era intervenuto alla Camera denunciando i brogli e il clima intimidatorio che avevano contraddistinto l’ultima campagna elettorale, contestando in blocco la validità delle elezioni e riaffermando il ruolo centrale e insostituibile del Parlamento. Il suo discorso, come è facile immaginare e come riportato dalle cronache, era stato continuamente fermato dal vociare e dagli insulti dei deputati fascisti. Con il neopresidente della Camera, Alfredo Rocco, impegnato non a difendere il diritto di parola di Matteotti, ma ad ammonirlo di non divagare, di essere breve, di non provocare incidenti. Chi avesse voglia di andare a rileggere i resoconti stenografici di quella drammatica seduta vedrebbe che sulle quindici colonne dedicate al suo intervento, non ci sono mai più di quattro o cinque righe filate di Matteotti: tutto il resto è fatto di violente interruzioni e di invettive, come un terribile prologo di quel che sarebbe avvenuto di lì a poco e che lui stesso in qualche modo intuì, dicendo ai suoi compagni che si complimentavano che il suo discorso l’aveva fatto, ma ora toccava a loro preparargli l’orazione funebre. Con lo stesso Mussolini, che ben comprendeva il pericolo rappresentato da quell’oppositore così diverso dagli altri, che lo attaccava basandosi non sull’invettiva ideologica ma su fatti precisi e circostanziati, a scrivere due giorni dopo su “Il Popolo d’Italia” che quelle parole, quel discorso definito “mostruosamente provocatorio”, avrebbero meritato “qualcosa di più tangibile”.»

Giacomo Matteotti, Un anno di dominazione fascista. Introduzione di Walter Veltroni.