“I fatti non sono la verità. I fatti ne sono soltanto una parte” afferma il protagonista di questo romanzo dalla prosa elegante, intriso di decadenza e fatalismo, del grande scrittore ungherese: le braci sono le macerie di un mondo -quello dell’impero austro-ungarico- andato in rovina, le braci sono quello che resta del fulgore passato.
«“Perché le cose non ci accadono così, per caso” dice il generale con più decisione, sollevando il capo. Sopra di loro, le candele ardono con fiamme sottili e il fumo si leva dagli stoppini anneriti. Il paesaggio e la città in lontananza sono avvolti nell’oscurità, nessun lume punteggia la notte. “Gli uomini contribuiscono al loro destino, a determinare certi eventi. Invocano il loro destino, lo stringono a sé e non se ne separano pur sapendo fin dall’inizio che il loro modo di agire porterà a risultati nefasti. L’uomo e il suo destino si realizzano reciprocamente modellandosi l’uno sull’altro. Non è vero che il destino s’introduce alla cieca nella nostra vita: esso entra dalla porta che noi stessi gli abbiamo spalancato, facendosi da parte per invitarlo ad entrare. Non c’è infatti essere umano abbastanza forte e intelligente da saper allontanare, con le parole o con i fatti, il destino infausto che deriva, secondo una ferrea legge, dalla sua indole e dal suo carattere (…).
Cosa abbiamo guadagnato con il nostro orgoglio e la nostra presunzione? Il vero significato della nostra vita non è stato forse questo: l’attrazione irresistibile per una donna che è morta? È una domanda difficile, lo so. Da parte mia non so cosa rispondere. Nella mia vita ho sperimentato di tutto, ho visto di tutto, ho visto la pace e la guerra, ho visto cose miserabili e cose grandiose; ho visto un vigliacco come te e un presuntuoso come me; ho visto scatenarsi la lotta e ristabilirsi l’intesa. Ma chissà che, in fondo, il significato della nostra vita e di tutte le nostre azioni non sia stato il legame che ci univa a qualcuno – il legame o la passione, chiamali come vuoi. È questa la domanda? Sì, è questa. Vorrei che tu mi dicessi” prosegue sommessamente, come se temesse di avere qualcuno alle spalle che ascolti le sue parole “cosa pensi di questo. Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che un giorno invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare in eterno, fino alla morte? E non credi che non saremo vissuti invano, poiché abbiamo provato questa passione? E a questo punto mi chiedo: la passione è veramente così profonda, così malvagia, così grandiosa, così inumana? Non può essere che non si rivolga affatto a una persona precisa, ma soltanto al desiderio in sé? Questa è la domanda. Oppure, nonostante tutto, si rivolge a una persona ben definita, alla stessa, misteriosa persona che può essere indifferentemente buona o cattiva, senza che l’intensità del nostro sentimento dipenda in alcun modo dalle sue azioni e dalle sue qualità? Rispondi, se ne sei capace”.»
Sándor Márai, Le braci.