Home Cultura LE CITAZIONI: Manganelli. Il mondo è una scacchiera

LE CITAZIONI: Manganelli. Il mondo è una scacchiera

Giorgio Manganelli

by Ernesto Scelza
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Tra i testi raccolti in “Lunario dell’orfano sannita”, Giorgio Manganelli, l’essere “autosufficiente e barricato in sé stesso”, ma solo in apparenza distaccato dal mondo, ne investiga in brevi squarci la realtà. A partire dalle sue ossessioni. Come gli scacchi e le sue allegorie. “Gioco a scacchi”, preciso precipitosamente “ma non guardo la scacchiera direttamente, la guardo, voltate le spalle, in uno specchio”.

 

«Quando Lewis Carroll affrontò la seconda parte della storia di Alice – Alice oltre lo specchio – scelse esplicitamente come modello ideale degli eventi una partita di scacchi, e mosse i suoi pezzi, ridicoli e terribili, lungo i tracciati di una sterminata scacchiera – una ideale provincia inglese – i cui quadrati erano delimitati da siepi e ruscelli. Matematico e favoleggiatore, Carroll sapeva che una partita di scacchi racchiude l’itinerario di una storia, è un severo esercizio logico, è una pura follia, un solipsistico ma coatto colloquio col sogno. Due onnipotenti Regine si affrontano, trascinandosi dietro due Re decisivi ma neghittosi e tardi – si tratti di dignità o di sovrana inettitudine: ecco già una ghiotta situazione per un professore blandamente misogino e insieme ecclesiasticamente masochista. Si vuole e trama la morte di un Re, ma che è il Re senza le trame ambiziose e brutali di una Regina? Attorno ai due Sovrani, unici pezzi singoli, si affollano due a due torri, cavalli e alfieri e le otto pedine di prima fila, proletari araldici. Quanto basta per disegnare il sommario, duro profilo di un castello medioevale, un campo di gioco e di battaglia – Rabelais ci ricorda che gli scacchi sono impegnati in un torneo, e che la parola “fortuna” affascina e sgomenta insieme guerrieri, giocatori e amanti. Come la fiaba, come il mito, la storia che narrano i trentasei simboli è rigida e ripetitiva: la vittoria è conseguita attraverso i passaggi di un labirinto invisibile, d’aria e di numeri. Le regole del gioco sono secche quanto imperative, rituali, taciturne; ma una volta che è stato eseguito l’atto folle della creazione delle regole, tutte le conseguenze sono governate da una logica che non conosce languori, tra il sillogismo e il fato. Infine, le due schiere che si affrontano – capolavoro della logica e della follia – escono ciascuna dallo specchio dell’altra: esse infatti si affrontano non simmetriche, ma speculari. Il Re guarda negli occhi il Re, e così la Regina appunto come negli specchi, e non in diagonale, come vorrebbe la simmetria.

Occorre appena ricordare che questo gioco arcaico, matematico, simbolico, non ha nulla dello sport: non produce campioni fatti di carne di manzo, non è cordiale, è silenzioso, maniacale, malsano, genera nevrotici protagonisti di un freddo sogno di simboli e tornei, di numeri e di re.»

Giorgio Manganelli, Gli scacchi.