Vito Mancuso conclude amaramente la sua riflessione sulla crisi della democrazia, riportata nelle “Citazioni” del 13 e del 14 agosto scorsi, e sulla difficoltà di realizzare gli ideali di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di garanzia del governo dei più degni e virtuosi.
«Noi non possiamo vivere senza democrazia, ma questa democrazia, ridotta al populismo, produce oclocrazia (= il potere, il governo della massa), e da qui probabilmente, in un futuro non lontano, una nuova tirannide. Cosa fare allora? Superare la democrazia? Per andare dove?
Non è per nulla vero che “uno vale uno”, come ad alcuni piace proclamare; è vero piuttosto l’esatto contrario, come affermava lucidamente Eraclito molti secoli fa: “Uno solo vale per me diecimila, se è il migliore”. Concetto ribadito qualche secolo dopo dalla sapienza biblica di Gesù ben Sira: “È preferibile uno a mille”. Non siamo tutti uguali, ma la grandezza della democrazia consiste nel fatto che essa ci rende tutti uguali davanti alla legge, la quale è, o dovrebbe essere, appunto uguale per tutti. È questa la virtù della democrazia quando funziona a dovere, questa capacità di armonizzare equità e merito, come per primo dichiarò Pericle nel suo discorso in onore dei caduti del primo anno della guerra contro Sparta e a elogio della costituzione democratica di Atene: “Vige per tutti, da una parte, di fronte alle leggi, l’assoluta equità di diritti nelle vicende dell’esistenza privata; ma dall’altra si costituisce una scala di valori fondata sulla stima che ciascuno sa suscitarsi intorno, per cui, eccellendo in un determinato campo, può conseguire un incarico pubblico, in virtù delle sue capacità reali, più che nell’appartenenza a questa o a quella fazione politica”.
Il problema però è che l’essere migliore di uno solo non si può istituzionalizzare, stabilendo che anche i suoi figli sono a loro volta migliori e dando origine all’aristocrazia, com’è avvenuto nella storia alle nostre spalle fortunatamente superata. L’aristocrazia esiste, ma non deriva certo dal nascere in un palazzo nobiliare da una famiglia dall’altisonante cognome; l’aristocrazia esiste, ma non dipende dal blasone o dal denaro, né da nulla che si possa tramandare e istituzionalizzare. L’aristocrazia esiste, ma è un talento assolutamente singolare. E quindi non rimane che la democrazia, la quale però oggi si trova nelle condizioni descritte e né rende effettivamente tutti uguali davanti alla legge, né è in grado di onorare il merito a prescindere da logiche partitocratiche. Siamo in trappola.»
Vito Mancuso, Non ti manchi mai la gioia.