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LE CITAZIONI: Longo. Onora il padre e la madre

Andrej Longo

by Ernesto Scelza
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Andrej Longo, ischitano, il destino di scrittore lo porta nel nome, Andrej, datogli dal padre in omaggio a “Guerra e pace” di Tolstoj. “Dieci” è il titolo di questi dieci racconti – dieci come i dieci comandamenti – pubblicati nel 2007, ciascuno dei quali segna una storia e un personaggio. Come questo “Quattro. Onora il padre e la madre” che ci dice di un tredicenne che di fronte alla sofferenza della madre è capace di un gesto terribile: “perché qualcuno doveva farlo”, perché “ci sta un limite a tutto”.

 

«Qualcuno doveva farlo. Non si poteva andare avanti all’infinito.

Don Antonio direbbe che sono una bestia, che non sono cose da cristiani queste. Ma qua dentro don Antonio ci ha messo piede una volta sola, eppure di fretta. Ha portato una bottiglia di limoncello tanto per far vedere e si è fatto il segno della croce.

“Speriamo nella misericordia del Signore” ha detto…

“Speriamo nella misericordia del Signore” dice don Antonio.

Ma so’ scemità che non risolvono niente, so’ chiacchiere buone solamente per i fessi.

Perciò qualcuno doveva farlo. Ci sta un limite a tutto.

Due giorni fa l’aveva chiesto a Michele, perché Michele è più grande, quindi toccava a lui. Pensava che io non sentivo e ce l’aveva chiesto. Però io da dentro al bagno ho sentito tutto.

“Mò vediamo” aveva risposto Michele. “Aspettiamo qualche giorno ancora”.

Ma l’ho capito da subito che mio fratello non teneva la forza, che pure se fa il tosto gli mancava il coraggio.

Così, stamattina, quando siamo rimasti io e lei, ho detto:

“Ci penso io”.

“Tieni solo tredici anni” ha detto.

Però si vedeva che era d’accordo, che finalmente la finivamo co’ questo inferno.

“Ci penso io, non ti preoccupare”.

Si è messa a piangere, ma con gli occhi ha fatto segno di sì.

Neppure sapevo se veramente tenevo lo stomaco.

Prima di farlo ho chiuso la finestra, la porta a chiave, e mi sono bevuto due bicchieri di limoncello.

Volevo darle un bacio, però ho pensato che mi passava la forza e ho lasciato perdere.

Non ci è voluto molto. Mi credevo che era una cosa più difficile.

Dopo ho messo il cd di Nino D’Angelo, come aveva chiesto lei, e ho acceso la televisione levando il volume. Per televisione ci stava un cartone animato di Braccio di Ferro. C’era Olivia, co’ chelle gambetelle ridicole, che scappava per il deserto, e Bruto appresso che la inseguiva ridendo sopra a un cammello. Braccio di Ferro stava legato sopra al binario come un salame e cercava di liberarsi, ma non ci riusciva.

Che altro mi ha chiesto ancora?

Della scuola prima di tutto, che finisco almeno la terza media. Poi di non farmi né ora né mai. Ho detto che poteva stare tranquilla su questo fatto, che a me i tossici mi fanno schifo. Comunque me l’ha fatto giurare. Due volte. Io ho giurato. L’ultima cosa che mi ha chiesto è di non litigare con Michele. Ho detto che lo sforzo io lo facevo, ma mio fratello tiene il carattere che tiene.

“Vedi tu” ha detto lei. Però non ha insistito.

Mi sono bevuto un altro poco di limoncello e sono rimasto davanti alla televisione senza fare niente. Prima avevo pensato di chiamare a Michele sul cellulare, ma poi ho lasciato perdere, che tanto fretta non ce ne stava più. Mi girava un po’ la testa e mi sentivo svuotato, come dopo un pesce in mano. Dal vicolo arrivava l’odore di peperoni fritti. Dentro, invece, la puzza di medicine non ti faceva respirare. Nino D’Angelo sempre a cantare. Le mosche, pure se tenevo la finestra chiusa, entravano non lo so da dove.»

Andrej Longo, Dieci.

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