Scritto durante la “Grande Depressione” degli anni Trenta da Sinclair Lewis, il primo premio Nobel nordamericano, “Qui non può succedere” (“It Can’t Happen Here”) è una narrazione sulla fragilità della democrazia e, allo stesso tempo, una previsione allarmante di come il fascismo, mascherato da populismo, possa prendere piede anche negli Stati Uniti. Nel racconto il cronista Doremus Jessup segue la “resistibile ascesa” del candidato alla Presidenza Buzz Windrip.
«Doremus Jessup, un osservatore così poco appariscente, guardando il senatore Windrip da una così umile Beozia, non sapeva spiegarsi il suo potere di ammaliare le grandi platee. Il senatore era volgare, quasi analfabeta, un bugiardo pubblico facilmente individuabile, e nelle sue “idee” quasi idiota, mentre la sua celebre pietà era quella di un venditore ambulante di mobili da chiesa, e il suo ancora più celebre umorismo il cinismo furbacchione da negozio di provincia.
Certamente non c’era nulla di esaltante nelle parole dei suoi discorsi, né nulla di convincente nella sua filosofia. Le sue piattaforme politiche erano solo ali di un mulino a vento. Sette anni prima del suo attuale credo – derivato da Lee Sarason, Hitler, Gottfried Feder, Rocco, e probabilmente la rivista Of Thee I Sing – il giovane Buzz, nel suo stato, non aveva sostenuto niente di più rivoluzionario del migliore stufato di manzo nelle fattorie dei poveri della contea, e un sacco di olio per le leali macchinazioni politiche, con posti di lavoro per i loro cognati, nipoti, soci in affari e creditori.
Doremus non aveva mai sentito Windrip durante uno dei suoi orgasmi oratori, ma gli era stato detto dai cronisti politici che, come sotto un incantesimo, si pensava che Windrip fosse Platone, ma che tornando a casa non ci si ricordava nulla di quello che aveva detto.
C’erano due cose, dissero a Doremus, che distinguevano questo Demostene della prateria. Era un attore di genio. Non c’era un attore più travolgente sul palcoscenico, nei film, e nemmeno sul pulpito. Faceva roteare le braccia, sbatteva i tavoli, abbagliava con occhi pazzi, vomitava ira biblica dalla bocca spalancata; ma tubava anche come una madre che allatta, supplicava come un amante sofferente, e tra un trucco e l’altro colpiva freddamente e quasi con disprezzo le sue folle con cifre e fatti – cifre e fatti che erano ineluttabili anche quando, come spesso accadeva, erano completamente inventati.
Ma sotto questa superficie scenica c’era la sua non comune capacità naturale di essere autenticamente eccitato da e con il suo pubblico, e loro da e con lui. Poteva drammatizzare la sua affermazione di non essere né un nazista né un fascista, ma un democratico – un rustico democratico Jeffersoniano-Lincolniano-Clevelandiano-Wilsoniano – e (senza scenografie e costumi) far vedere che difendeva realmente il Campidoglio contro le orde barbariche, mentre presentava innocentemente come sue invenzioni calorosamente democratiche ogni follia anti-libertaria e antisemita d’Europa.
A parte la sua gloria drammaturgica, Buzz Windrip era un Vero Uomo Comune.»
Sinclair Lewis. Qui non può succedere.