Home Cultura LE CITAZIONI: Levi. Chaim Rumkowski, re dei Giudei

LE CITAZIONI: Levi. Chaim Rumkowski, re dei Giudei

Primo Levi

by Ernesto Scelza
0 comments

Nell’aprile 1986 Primo Levi pubblica “I sommersi e i salvati”, che rappresenta la summa delle sue riflessioni suggerite dall’esperienza del Lager. In uno dei capitoli, richiama la storia e traccia il profilo di Chaim Rumkowski: “già piccolo industriale fallito, dopo vari viaggi ed alterne vicende si era stabilito a Lódz nel 1917. Nel 1940 aveva quasi sessantanni ed era vedovo senza figli; godeva di una certa stima, ed era noto come direttore di opere pie ebraiche e come uomo energico, incolto ed autoritario”. Tentò di tutto per sopravvivere, ma “il destino degli ebrei in mano tedesca era uno solo, fossero vili od eroi, umili o superbi”. Ma né le benemerenze acquisite presso i tedeschi già nel ghetto di Lódz, né i servizi resi nel Lager “valsero a salvare dal gas Chaim Rumkowski, re dei Giudei”.

 

«Ai piedi di ogni trono assoluto gli uomini come il nostro si affollano per ghermire la loro porzioncina di potere: è uno spettacolo ricorrente, ritornano alla memoria le lotte a coltello degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, alla corte di Hitler e fra i ministri di Salò; uomini grigi anche questi, ciechi prima che criminali, accaniti a spartirsi i brandelli d’una autorità scellerata e moribonda. Il potere è come la droga: il bisogno dell’uno e dell’altra è ignoto a chi non li ha provati, ma dopo l’iniziazione, che (come per Rumkowski) può essere fortuita, nasce la dipendenza e la necessità di dosi sempre più alte; nasce anche il rifiuto della realtà e il ritorno ai sogni infantili di onnipotenza. Se è valida l’interpretazione di un Rumkowski intossicato dal potere, bisogna ammettere che l’intossicazione è sopraggiunta non a causa, ma nonostante l’ambiente del ghetto; che cioè essa è cosi potente da prevalere perfino in condizioni che sembrerebbero tali da spegnere ogni volontà individuale. Di fatto, era ben visibile in lui la sindrome del potere protratto e incontrastato: la visione distorta del mondo, l’arroganza dogmatica, il bisogno di adulazione, l’aggrapparsi convulso alle leve di comando, il disprezzo delle leggi.

Tutto questo non esonera Rumkowski dalla sua responsabilità. (…) Ha però delle attenuanti: un ordine infero, qual era il nazionalsocialismo, esercita uno spaventoso potere di corruzione, da cui è difficile guardarsi. Degrada le sue vittime e le fa simili a sé, perché gli occorrono complicità grandi e piccole. Per resistergli, ci vuole una ben solida ossatura morale, e quella di cui disponeva Chaim Rumkowski, il mercante di Lódz, insieme con tutta la sua generazione, era fragile: ma quanto forte è la nostra, di noi europei di oggi? Come si comporterebbe ognuno di noi se venisse spinto dalla necessità e in pari tempo allettato dalla seduzione?

(…) Ma tutto questo non basta a spiegare il senso di urgenza e di minaccia che emana da questa storia. Forse il suo significato è piu vasto: in Rumkowski ci rispecchiamo tutti, la sua ambiguità è la nostra, connaturata, di ibridi impastati di argilla e di spirito; la sua febbre è la nostra, quella della nostra civiltà occidentale che «scende all’inferno con trombe e tamburi», ed i suoi orpelli miserabili sono l’immagine distorta dei nostri simboli di prestigio sociale.

(…) Come Rumkowski, anche noi siamo cosi abbagliati dal potere e dal prestigio da dimenticare la nostra fragilità essenziale: col potere veniamo a patti, volentieri o no, dimenticando che nel ghetto siamo tutti, che il ghetto è cintato, che fuori del recinto stanno i signori della morte, e che poco lontano aspetta il treno.»

Primo Levi, I sommersi e i salvati.

Leave a Comment