Alla pagina 4174 del suo “Zibaldone di pensieri” Leopardi consegna queste sue considerazioni sul male. Di seguito, sconfessa l’”Épître sur le désastre de Lisbonne” di Voltaire, laddove si pretende di comporre “dall’infelicità di ciascuno la felicità generale”.
«Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; l’esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell’universo è il male; l’ordine e lo stato, le leggi, l’andamento naturale dell’universo non sono altro che male, né diretti ad altro che al male. Non v’è altro bene che il non essere; non v’ha altro di buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte le cose sono cattive. Il tutto esistente; il complesso dei tanti mondi che esistono; l’universo; non è che un neo, un bruscolo in metafisica. L’esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è un’imperfezione, un’irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo, perché tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi che essi sieno, non essendo però certamente infiniti né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l’universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per dir così, del non esistente, del nulla.
Questo sistema, benché urti le nostre idee, che credono che il fine non possa essere altro che il bene, sarebbe forse piú sostenibile di quello del Leibnitz (Gottfried Wilhelm Leibniz, ndr), del Pope (Alexander Pope, ndr) ecc. che tutto è bene. Non ardirei però estenderlo a dire che l’universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo cosí all’ottimismo il pessimismo. Chi può conoscere i limiti della possibilità?»
Giacomo Leopardi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura.