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LE CITAZIONI: Kojève. Il colonialismo contemporaneo

Alexandre Kojève

by Ernesto Scelza
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Lo scritto risalente al lontano 1957, è il testo di una conferenza tenuta nel gennaio di quell’anno nel corso di un incontro organizzato da Carl Schmitt, il giurista compromesso con il nazismo ai suoi inizi per poi allontanarsene, con il quale Kojève, il maestro della migliore intellighenzia francese del dopoguerra, aveva avviato da tempo una fitta corrispondenza. Il tema erano i rapporti tra i paesi industrializzati e quelli sottosviluppati. Davanti ad un uditorio che comprendeva George Bataille e Jacques Lacan e tanti altri ‘intellectuelles’ “propugnò un ‘colonialismo datore’, per cui i paesi sviluppati avrebbero dovuto investire nei paesi sottosviluppati il plusvalore ricavato dal loro sfruttamento”.

 

«Nel colonialismo contemporaneo la situazione è in certo modo capovolta. Sulla questione esistono molte eccellenti ricerche, opera soprattutto di esperti delle Nazioni Unite, oltre a dichiarazioni di uomini politici e programmi di governo, come il Punto IV del celebre discorso del presidente Truman (“Quarto, dobbiamo imbarcarci in un nuovo e coraggioso programma per rendere disponibili i benefici delle nostre scoperte scientifiche e del nostro progresso industriale, per il miglioramento e la crescita delle aree sottosviluppate”, ndr). Ma a questo riguardo gli esperti di economia si mantengono cauti, se non scettici, e si comportano come se tutta la faccenda non li riguardasse affatto, sostenendo si tratti di una questione squisitamente politica.

Certo, è un problema politico. E forse è il problema politico del XX secolo. Ma se fosse soltanto questo, io non avrei la competenza per parlarne. Mi permetto di farlo perché sono profondamente convinto che sia un problema anche e soprattutto economico. In poche parole: i clienti poveri sono cattivi clienti; e se la maggioranza dei clienti di una ditta è composta da clienti poveri, cioè cattivi, la ditta stessa diventa cattiva o, per lo meno, poco solida. Questo è ancora più vero se la ditta, per non fallire, deve aumentare ogni anno il suo volume d’affari. E nessuno si stupirebbe se, versando in tali condizioni, un bel giorno dichiarasse fallimento (…).

Serio mi sembra il fatto che il vero problema del nostro mondo e dei nostri tempi non è il colonialismo politico, ma quello economico, perché, grosso modo, nel mondo occidentale contemporaneo il problema del colonialismo politico non esiste praticamente più. Pochissimi sono ormai i paesi sottoposti a un vero regime coloniale. E se a causa di ciò qua o là sussiste o sorge ancora qualche difficoltà locale, non sarà certo per questo che l’Occidente in quanto tale, alla fine, crollerà. Si può quindi affermare che il colonialismo politico non è più un “problema mondiale”. E invece lo è, secondo me, il colonialismo economico, la cui eliminazione o trasformazione è una questione di vita o di morte per il mondo occidentale.

Non solo. Di serio… c’è anche il fatto che è assolutamente possibile praticare il colonialismo senza possedere colonie vere e proprie. Oggi infatti tutti i paesi industrializzati – più o meno inconsapevolmente – sono in realtà colonialisti. E lo sono in quanto sono gli unici a trarre profitto, anno dopo anno, dal continuo progresso tecnico, mentre i paesi arretrati rimangono poveri come prima, diventando relativamente più poveri proprio a causa di tale progresso. Di serio infine, almeno secondo me, c’è il fatto che questo problema non verrà mai veramente risolto finché gli economisti continueranno a disinteressarsene (…).

Tutto questo mi sembra essere la legge del mondo contemporaneo. Per dirlo in greco: questo è il ‘nomos’ della terra occidentale.»

Alexandre Kojève, Il colonialismo nella prospettiva europea.

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