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LE CITAZIONI: Illich, lavoro-ombra

by Ernesto Scelza
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Il “lavoro-ombra” è il tema di un seminario che il filosofo e teologo Ivan Illich avrebbe dovuto tenere in Sudafrica, nel 1980, ma impedito dal regime sudafricano dell’apartheid. “Il mio interesse va all’odierno lavoro non remunerato… Distinguo tra lavoro salariato da una parte, e dall’altra le prestazioni produttive non retribuite nel sistema industriale, imposte in misura maggiore e più sgradevole alle donne rispetto agli uomini.”

«In forma profetica, nel fascismo ha preso corpo quello che è alla base dell’esistenza di ogni sistema industriale, vale a dire l’inevitabile scissione sociale che nel Sudafrica vien detta apartheid. “Il lavoro rende liberi” stava scritto sul portone d’ingresso di Auschwitz. Il sistema industriale non potrebbe reggersi senza subumani: ebrei, donne o negri. Quanto più fragorosamente uno stato industriale proclama la menzogna che la ragion di stato è al servizio dei suoi subumani, tanto più sicuro e stabile esso diviene… Senza inferni come il gulag o Auschwitz, senza la loro rituale rievocazione, non potremmo praticare quella dorata apartheid in cui viviamo in quanto uomini e donne industriali. Teologo, so che l’odio è mortale – a parte quello per l’inferno. Intendo dunque parlare dell’odio infernale che sta a fondamento del sistema industriale. Approfitterò dell’occasione, offertami da quest’invito in Sudafrica, che già sapete che la vostra polizia ostacolerà, per infrangere un tabù: non parlerò degli inferni del fascismo, bensì dell’infernale fondamento del sistema industriale. (…)

Per parlare di questa divisione del lavoro e del tabù che la copre, ho scelto come tema l’ombra dell’economia, più specificamente la parte in ombra del lavoro. Per lavoro-ombra intendo il moderno complemento non retribuito del lavoro salariale, cosa che un tempo semplicemente non esisteva. Certo, gran parte delle attività non erano retribuite – il lavoro salariato costituiva l’eccezione. Ma la mancata retribuzione non trasformava la fatica in lavoro-ombra. Nell’ambito della famiglia, uomini e donne creavano assieme quanto serviva al mantenimento della famiglia stessa, dal quale veniva spremuto e schiumato quanto ne risultava, e in tal modo trasformato in prodotto. Il mio tema è quel lavoro che è necessario – a volte d’importanza vitale – per rendere utilizzabili a pro della famiglia merci preconfezionate. È un tipo di lavoro che non poteva esistere prima che la famiglia, il luogo della sussistenza, diventasse una “home” che oggi è il luogo del consumo; prima, dunque, che l’esistenza fosse resa dipendente dal consumo di merci. Intendo mettere in chiaro la differenza tra questo contributo moderno, non retribuito, economicamente indispensabile, all’economia di mercato, il lavoro di sussistenza e il lavoro salariato. Tale complemento del lavoro salariato, che definisco “lavoro-ombra”, comprende gran parte dei lavori domestici fatti dalle donne nelle proprie case e appartamenti, le attività connesse col fare la spesa, portare i figli a scuola, attendere con loro nel gabinetto medico, vigilarli sul campo giochi, sgobbare con loro per gli esami, ma anche l’andare e venire del padre dal posto di lavoro; comprende lo stress del consumo forzato, la resa, ormai introiettata, a pedagoghi e terapeuti l’acquiescenza ai burocrati, e non da ultimo le attese ai semafori – in una parola gran parte di ciò che viene etichettato come vita privata o vita in famiglia. Nelle culture tradizionali, il lavoro-ombra è un fenomeno marginale come il lavoro salariato, e spesso difficile da identificare. Nelle società industriali, è a tal punto routine da restare senza nome.

(…) Chi veda, nel detenuto del gulag, in primo luogo uno schiavo, vuol dire che non ha occhi per il motto che Hitler osò far iscrivere sul portone di Auschwitz: “Il lavoro rende liberi”. E costui non capirà mai una società nella quale il lavoro non remunerato dell’ebreo nel Lager gli veniva estorto come contributo obbligatorio alla sua stessa soppressione. (…) La società industriale non può rinunciare alle sue vittime. Le donne del Diciannovesimo secolo sono state recluse, “disestablished”, ferite. E inevitabilmente hanno esercitato un’influenza corruttiva sulla società tutta quanta, alla quale hanno offerto un oggetto di sentimentalistica compassione. L’oppressione costringe sempre le proprie vittime ai lavori sociali più sporchi. La nostra società le costringe a diventare, tramite l’assistenzialismo, oggetti cooperanti alla repressione.»

Ivan Illich, Lavoro-ombra.