Lo psicoanalista e filosofo James Hillman sceglie una spiazzante scena del celebre film di George C. Scott sul generale Patton per introdurre il tema del suo libro sulla guerra come pulsione primaria e ambivalente della specie umana. Il presupposto è che se di quella pulsione non si ha una visione lucida ogni opposizione alla guerra sarà vana.
«C’è una battuta in una scena del film “Patton, generale d’acciaio“, che da sola riassume ciò che questo libro si propone di capire. Il generale Patton ispeziona il campo dopo una battaglia. Terra sconvolta, carri armati distrutti dal fuoco, cadaveri. Il generale solleva tra le braccia un ufficiale morente, lo bacia e, volgendo lo sguardo su quella devastazione, esclama: “Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti, lo amo più della mia vita”.
Se non entriamo dentro questo amore per la guerra, non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e disarmo. Se non spingiamo l’immaginazione dentro lo stato marziale dell’anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre “andare alla guerra”, e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. E non andremo alla guerra “in nome della pace”, come tanto spesso una retorica ipocrita proclama, ci andremo in nome della guerra: per comprendere la follia del suo amore.
Dovremo accantonare il nostro disprezzo di civili e il nostro orrore di pacifisti, la legittima intima avversione per tutto ciò che riguarda eserciti e guerrieri. (…) La guerra è innanzitutto una sfida per la psicologia, forse la prima delle sfide a cui la psicologia deve rispondere, perché minaccia direttamente la vita – la mia, la vostra -, nonché l’esistenza di tutti gli esseri viventi. La campana suona per te, e per tutti. Niente può sfuggire alla furia termonucleare e se il fuoco distruttore e le sue conseguenze sono inimmaginabili, non lo è la loro origine, la guerra.»
James Hillman, Un terribile amore per la guerra.