Concepito come continuazione di “La giusta causa” (edito in italiano col titolo “Stalingrado”) e frutto dell’esperienza di Vasilij Grossman da corrispondente dal fronte della rivista dell’Esercito sovietico “Krasnaja Zvezda”, “Vita e destino” fu bandito nella Unione sovietica staliniana e pubblicato postumo all’estero.
«In quest’epoca tremenda, un’epoca di follie commesse nel nome della gloria di Stati e nazioni o del bene universale, e in cui gli uomini non sembrano più uomini ma fremono come rami d’albero e sono come la pietra che frana e trascina con sé le altre pietre riempiendo fosse e burroni, in quest’epoca di terrore e di follia insensata, la bontà spicciola, granello radioattivo sbriciolato nella vita, non è scomparsa.
Ho visto la forza incrollabile dell’idea del bene sociale, che è nata nel mio paese. L’ho vista nel periodo della collettivizzazione forzata e nel Trentasette. Ho visto uccidere nel nome di un ideale bello e umano come quello cristiano. Ho visto le campagne morire di fame, e i figli dei contadini che morivano tra le nevi della Siberia; ho visto le tradotte che da Mosca, Leningrado e altre città della Russia portavano in Siberia centinaia di migliaia di uomini e donne, i nemici della grande, luminosa idea del bene sociale. Era un’idea bella e grande, e ha ucciso senza pietà, ha rovinato le vite di molti, ha separato le mogli dai mariti, i figli dai padri.
Ora sul mondo incombe il grande orrore del nazismo tedesco. L’aria è impregnata delle grida e dei lamenti dei giustiziati. Nero è il cielo, e il sole si è spento nel fumo dei forni crematori.
Ma anche questi crimini – inauditi non solo per l’Universo, ma anche per gli uomini di questa Terra – sono compiuti in nome del bene.
Quando vivevo nelle foreste del Nord credevo che il bene non albergasse nell’uomo né nel mondo rapace degli animali e degli insetti, ma in quello silenzioso degli alberi. Invece no! L’ho vista muoversi, la foresta, l’ho vista contendere senza pietà un palmo di terra all’erba e agli arbusti. Miliardi di semi volanti, crescendo, uccidono l’erba e soffocano un cespuglio amico, e milioni di germogli combattono gli uni contro gli altri. Solo chi sopravvive va a formare, in un’adunanza di forti, la coltre del giovane bosco bramoso di luce. E abeti e faggi vegetano nella penombra della reclusione sotto la coltre delle piante eliofile.
Anche per loro, tuttavia, verrà il momento di avvizzire, e allora gli abeti massicci si apriranno un varco verso la luce e metteranno a morte l’ontano e la betulla.
Così vive il bosco, nell’eterna lotta di tutti contro tutti. Solo un cieco può pensare che ci sia pace nel regno degli alberi e delle erbe.
Che la vita sia davvero il male?»
Vasilij Grossman, Vita e Destino.