Foto by Fondazione Gramsci
Questa nota di Antonio Gramsci è esposta nel “Quaderno 8” dei “Quaderni del carcere” che raccoglie scritti redatti negli anni 1931 e 1932, e riprende delle considerazioni sul fascismo e sullo squadrismo già espressi in un articolo “Sovversivismo reazionario” del 22 giugno 1921 ne “L’Ordine Nuovo”. Ai movimenti di ribellione delle classi popolari, sporadici e disorganici, privi di riferimenti intellettuali e di partiti strutturati, la borghesia risponde con “rivoluzioni-restaurazioni” o anche con “rivoluzioni passive”.
«La rivoluzione portata dalla classe borghese nella concezione del diritto e quindi nella funzione dello Stato consiste specialmente nella volontà di conformismo (quindi eticità del diritto e dello Stato). Le classi dominanti precedenti erano essenzialmente conservatrici nel senso che non tendevano ad elaborare un passaggio organico dalle altre classi alla loro, ad allargare cioè la loro sfera di classe “tecnicamente” e ideologicamente: la concezione di casta chiusa. La classe borghese pone sé stessa come un organismo in continuo movimento, capace di assorbire tutta la società, assimilandola al suo livello culturale ed economico: tutta la funzione dello Stato è trasformata: lo Stato diventa “educatore”, ecc. Come avvenga un arresto e si ritorni alla concezione dello Stato come pura forza ecc. La classe borghese è “saturata”: non solo non si diffonde, ma si disgrega; non solo non assimila nuovi elementi, ma disassimila una parte di sé stessa (o almeno le disassimilazioni sono enormemente più numerose delle assimilazioni). Una classe che ponga sé stessa come passibile di assimilare tutta la società, e sia nello stesso tempo realmente capace di esprimere questo processo, porta alla perfezione questa concezione dello Stato e del diritto, tanto da concepire la fine dello Stato e del diritto come diventati inutili per aver esaurito il loro compito ed essere stati assorbiti dalla società civile.»
Antonio Gramsci, Lo Stato e la concezione del diritto.