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LE CITAZIONI: Goethe, le ragioni dei “lazzaroni”

by Ernesto Scelza
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Nelle note del suo “Viaggio in Italia” stese tra il 1813 e il 1817 Goethe è affascinato dalla bellezza del paesaggio e della cultura mediterranea. E scardina molti pregiudizi dei suoi contemporanei sulle ragioni e le condizioni di vita dei napoletani, eredi dei filosofi cinici della Grecia classica.

«In quei paesi (il sud mediterraneo, ndr) un povero, uno che a noi sembra miserabile, può non solo soddisfare le più urgenti e immediate esigenze, ma godersi il mondo nel modo migliore; e un cosiddetto accattone napoletano potrebbe altrettanto facilmente sdegnare il posto di viceré in Norvegia e declinare l’onore, se l’imperatrice di Russia gliel’offrisse, del governatorato della Siberia.

Certamente nei nostri paesi un filosofo cinico se la passerebbe male, mentre nel Sud è la natura stessa che lo invita a ciò.

Laggiù lo straccione non può dirsi un uomo nudo; chi non ha casa propria o in affitto, ma d’estate passa le notti sotto una tettoia, sulla soglia d’un palazzo o d’una chiesa, o nei porticati pubblici, e se fa cattivo tempo si rifugia in qualche luogo pagando una piccola mercede, non perciò è un reietto e un misero; né un uomo si può dire povero perché non ha provveduto all’indomani.

Se si pensa alla quantità di alimenti che offre questo mare pescoso, dei cui prodotti la gente è obbligata per legge a nutrirsi in alcuni giorni della settimana; a tutti i generi di frutta e d’ortaggi offerti a profusione in ogni tempo dell’anno; al fatto che la contrada circostante Napoli ha meritato il nome di “Terra di Lavoro” (dove lavoro significa lavoro agricolo) e l’intera sua provincia porta da secoli il titolo onorifico di “Campania felix”, campagna felice, ben si comprende come là sia facile vivere.

Fra l’altro, il paradosso che ho azzardato poco fa si presterebbe a varie riflessioni per chi volesse tentar di dare un quadro esauriente di Napoli, impresa che comunque richiederebbe notevoli capacità e alcuni anni d’indagine.

Si giungerebbe forse allora a concludere che il cosiddetto lazzarone non è per nulla più infingardo delle altre classi, ma altresì a constatare che tutti, in un certo senso, non lavorano semplicemente per “vivere” ma piuttosto per “godere”, e anche quando lavorano vogliono vivere in allegria.

Questo spiega molte cose: il fatto che il lavoro manuale nel Sud sia quasi sempre assai più arretrato in confronto al Nord; che le fabbriche scarseggino; che, se si eccettuano avvocati e medici, si trovi poca istruzione in rapporto al gran numero d’abitanti, malgrado gli sforzi compiuti in singoli campi da uomini benemeriti; che nessun pittore napoletano sia mai diventato un caposcuola né sia salito a grandezza; che gli ecclesiastici si adagino con sommo piacere nell’ozio e anche i nobili amino profondere i loro averi soprattutto nei piaceri, nello sfarzo e nella dissipazione.»

Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia.