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LE CITAZIONI: Giorello, rivoluzione è ritornare all’antico?

by Ernesto Scelza
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“La rivoluzione politica come ritorno a una condizione di antica libertà perduta?”: è l’obiezione a queste considerazioni di Giulio Giorello in una lunga conversazione con Pino Donghi, esperto di comunicazione scientifica. Il compianto filosofo della scienza vi affronta il tema delle analogie e delle differenze tra rivoluzioni scientifiche e rivoluzioni politiche.

«… l’etimo del termine è astronomico: revolutio indica il ritorno di un pianeta alla posizione iniziale. Dall’astronomia alla politica il percorso si compie quando s’intende il presente come espressione degenerata a partire da un passato “mitico” che bisogna recuperare. Ora, se tu guardi anche solo a due delle grandi rivoluzioni della modernità, quella detta inglese e quella francese, i protagonisti non sempre le chiamavano espressamente rivoluzioni. Per gli inglesi si trattava del ritorno al passato di una originaria libertà sassone contrapposta al “giogo normanno”. Nel caso francese i rivoluzionari pensano di tornare alle condizioni dell’antica Roma repubblicana. Tant’è che quando si sentono particolarmente coinvolti sulla scena della storia, quando, come dire, recitano la loro parte di fronte al mondo – un aspetto, questo, che sarà mirabilmente espresso in quel capolavoro che è La morte di Danton di Georg Büchner –, i francesi si chiamano tra di loro “romani” e pensano alle virtù civiche del repubblicanesimo che avevano fatto grande Roma, non diversamente dagli eroi dei drammi classici di Shakespeare, che si ispirano a Plutarco – nostalgici anch’essi delle virtutes della Roma non ancora costretta dal fato al suo destino imperiale.

Un riferimento al mondo classico è presente anche negli americani, i quali si rivoltano contro i britannici, nella cosiddetta guerra d’Indipendenza, o, un secolo dopo, combattono una guerra civile, sempre convinti di essere i veri eredi della democrazia di Roma o addirittura di quella di Atene. Il generale sudista Robert E. Lee, per dirne una, teneva sotto la sella del cavallo l’Eneide di Virgilio; qualcun altro, magari, preferiva la Farsaglia di Lucano, e pensava come a un tiranno non a Giulio Cesare bensì ad Abraham Lincoln.»

Giulio Giorello, L’etica del ribelle.