«E dunque, cosa è l’amicizia? Dove è l’amicizia in questo nostro mondo diviso dal conflitto, tagliato dall’ineguaglianza, segnato da povertà, esclusione, oppressione? È possibile fare ancora risuonare l’eco di questa antica parola in un tempo che sembra averla non solo abbandonata, ma anche rovesciata nel suo opposto? È questo l’interrogativo da cui dobbiamo partire (…). Piuttosto che tentare, invano, di definire cosa è, o cosa caratterizza affermativamente, l’amicizia, conviene partire dalla definizione di ciò essa ‘non’ è. Da una decostruzione, o da uno scioglimento, dei nodi che il linguaggio filosofico, ma anche il senso comune, ha stretto intorno a questo concetto, spingendolo sempre più lontano dal suo significato originario.
Il primo di questi nodi, di queste sovrapposizioni indebite, è quello che assimila l’amicizia all’amore, la ‘philia’ all’’eros’. Benché la ‘philia’, nel suo senso greco, implichi un’intimità che arriva al contatto fisico – ‘philema’ in greco vuol dire ‘bacio’ – essa resta ben diversa dalla mania erotica. Mentre l’’eros’, nella sua essenza, conserva una connotazione di travolgente passione, allude a una forza di scatenamento difficilmente governabile, l’amicizia appartiene alla sfera del ‘logos’. Implica il contatto e l’intimità, ma non la compenetrazione dell’amore. Colpisce ma non travolge, assimila ma non possiede. Non è traducibile nel linguaggio del possesso, della possessione, dell’appropriazione – lascia l’altro essere tale, ne rispetta e, se possibile, ne custodisce la differenza. L’altro – o anche gli altri. Perché, a differenza dell’eros, l’amicizia non esclude il terzo e neanche i più. È un modo della pluralità, non necessariamente della dualità. È precisamente questa misura molteplice a consentirne una, certo problematica, trasposizione politica. A rendere pensabile – sia pure in maniera antinomica – una politica dell’amicizia (…). L’amicizia non è un ‘due’ che tende violentemente all’uno, come invece l’amore assunto nella sua assolutezza. Non è soggetta alla sindrome fusionale, al vincolo irresolubile, alla cogenza irresistibile dell’’eros’ – è un legame che scioglie, che libera, l’altro alla sua alterità costitutiva. Ecco, si può dire che tutto l’enigma dell’amicizia sia racchiuso in questo ossimoro – un legame che scioglie, un contatto che consente la distanza, che non distrugge il ‘fra’ che insieme ci relaziona e ci distingue.»
Roberto Esposito, Amicizia e comunità