“Diche” (la giustizia) è una divinità, figlia di Giove e di Temi, e sorella di Pace ed Eunomia (buon governo). In Esiodo si oppone alla violenza, al diritto del più forte. Con Esiodo alla ”areté” (virtù) aristocratica ed eroica di Omero succede una “areté” civile, operosa, garantita da un ordine universale giusto, da una divinità dispensatrice di premi e castighi.
Ed anche voi, sovrani, rivolger dovete la mente
alla giustizia di Giove: ché agli uomini stando vicini,
gli Dei scorgono quelli che falsano il giusto e, travaglio
recando l’uno all’altro, non pensano all’occhio dei Numi.
Poiché son su la terra feconda, Custodi immortali,
tre volte diecimila, prefissi da Giove ai mortali,
che la giustizia sempre sorvegliano, e l’opere inique,
e girano, vestiti di nebbia, per tutta la terra.
E poi, Giustizia c’è, la vergine nata da Giove,
degna d’onore, e onorata dai Numi che reggon l’Olimpo.
E quando alcuno danno le reca, oppur subdolo oltraggio,
súbito presso a Giove Croníde si reca, e a gran voce
scopre degli uomini ingiusti le brame; ed il popolo sconta
le sciagurate follie dei re, che con mente funesta
svïano la Giustizia, pronunciano ingiuste condanne.
Pensate a ciò, tenete Giustizia sul retto cammino,
sovrani ingordi, v’esca di mente l’iniquo sopruso:
l’uomo che ad altri appresta malanni, li appresta a sé stesso:
primo per chi l’ha dato, funesto è il cattivo consiglio.
Ché tutto vede l’occhio di Giove, ché tutto comprende.
Ed anche qui, se vuole, vede ora; né punto gli sfugge
quale giustizia racchiuda la nostra città fra le mura.
La Giustizia. Da: Le opere e i giorni, vv. 248-269 (trad. Ettore Romagnoli).