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LE CITAZIONI: Enzensberger, il destino del libro stampato

by Ernesto Scelza
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Hans Magnus Enzensberger, scomparso lo scorso 2022, è considerato uno dei maggiori poeti, saggisti e scrittori contemporanei, che si è esercitato in un genere di particolare efficacia: il saggio breve. Come dimostra questo suo “Panopticon”, che ne raccoglie alcuni.

«Quando il romanzo divenne un fenomeno di massa, gli scrittori si resero conto che con la letteratura si poteva guadagnare anche parecchio denaro, perché avevano partecipazioni anche sulle tirature e sulle traduzioni. La loro gioia fu purtroppo di breve durata. Oggi la stampa di un libro, nel frattempo definita print, è considerata dalle aziende leader un modello in estinzione. Di conseguenza, con il giubilo delle avanguardie digitali, si reputa il copyright un ostacolo. Agli allegri pirati appare comunque assurdo pagare per ciò che l’industria Ict (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ndr) definisce Content. In futuro quelli che un tempo venivano chiamati autori dovranno lavorare gratis; in compenso sono autorizzati a twittare, chattare e bloggare a piacere. Non sembra turbare nessuno il fatto che il tempo di dimezzamento delle tecniche disponibili, corrispondente al ciclo d’affari delle aziende Ict, si aggiri sui tre-cinque anni. Mentre un testo su pergamena o di carta senza acidi, dopo cinquecento o mille anni è ancora perfettamente leggibile, i media elettronici devono essere spesso rimemorizzati, per non diventare illeggibili in uno o due decenni. Il che è naturalmente lo scopo dei loro inventori.

L’eliminazione del libro stampato non è un’idea del tutto nuova. L’hanno già preannunciata parecchio tempo fa. Nel 1953 Ray Bradbury l’ha descritta nel suo bestseller (!) Fahrenheit 451, portandola alle estreme conseguenze. Nel suo racconto utopico il possesso di un libro è considerato addirittura un delitto capitale. Nei grandi pessimisti le visioni del futuro tendono all’eccesso. Ma il fatto che siano confutabili depone non contro, ma a favore di esse. Il che vale per Bradbury, così come per Orwell o per Max Weber. Essere piú intelligenti a posteriori non è davvero una grande arte.

In qualunque prognosi infausta, la questione su dove stia l’elemento positivo resta tuttavia assolutamente ineludibile. Rispondere è facile. È oltremodo piacevole constatare che sinora tutto ciò che la nostra volontaria servitù ha portato con sé si è realizzato in modo incruento. Le residue «vestigia del passato» non sono affatto liquidate, come Lenin ha fatto credere in Russia. Il motivo è chiaro. Il tollerante atteggiamento dei nostri guardiani si basa su un semplice calcolo costi-benefici. Man mano che ci si avvicina alla condizione ideale, i costi per stanare gli ultimi riottosi tendono infatti al grigio cenere. Ci si accontenta dunque di una sorveglianza del 95 per cento. Sarebbe troppo dispendioso eliminare una piccola ma ostinata minoranza, che per pura cocciutaggine si oppone alle promesse dell’era digitale. Cinque per cento, pur sempre oltre quattro milioni di persone (il rapporto è riferito alla popolazione tedesca, ndr).

Dunque: niente panico! Anche in futuro, chiunque non riesca a farne a meno potrà, indisturbato, spensierato e analogico, mangiare e bere, amare e odiare, dormire e leggere.»

Hans Magnus Enzensberger, Panopticon.