Umberto Eco è stato filosofo, medioevista, semiologo e romanziere di successo. Dal marzo 1985 al gennaio 2016 ha tenuto una rubrica sul periodico “L’Espresso”: “La bustina di Minerva”, come se si trattasse di appunti annotati sui cartoncini di fiammiferi. Le “bustine” sono state a più riprese pubblicate in varie occasioni. Questa, datata 1990, è stata inserita nella raccolta “La bustina di Minerva” edita dalla “Nave di Teseo” nel 2020.
«Oggi, in Europa, non ci troviamo di fronte a un fenomeno di immigrazione. Ci troviamo di fronte a un fenomeno migratorio. Certo non ha l’aspetto violento e travolgente delle invasioni dei popoli germanici in Italia, Francia e Spagna, non ha la virulenza dell’espansione araba dopo l’Egira, non ha la lentezza di quei flussi imprecisi che hanno portato popoli oscuri dall’Asia all’Oceania e forse alle Americhe, muovendosi sopra lingue di terra ormai sommerse. Ma è un altro capitolo della storia del pianeta che ha visto le civiltà formarsi e dissolversi sull’onda di grandi flussi migratori, prima dall’Ovest verso l’Est (ma ne sappiamo pochissimo), poi dall’Est verso l’Ovest, iniziando con un movimento millenario dalle sorgenti dell’Indo alle Colonne d’Ercole, e poi in quattro secoli dalle Colonne d’Ercole alla California e alla Terra del Fuoco.
Ora la migrazione, inavvertibile perché assume l’aspetto di un viaggio in aereo e di una sosta all’ufficio stranieri della questura, o dello sbarco clandestino, avviene da un Sud sempre più arido e affamato verso il Nord. Sembra una immigrazione, ma è una migrazione, è un evento storico di portata incalcolabile, non avviene per transito di orde che non lasciano più crescer l’erba dove sono passati i loro cavalli, ma a grappoli discreti e sottomessi, e però non prenderà secoli o millenni, ma decenni. E come tutte le grandi migrazioni avrà come risultato finale un riassetto etnico delle terre di destinazione, un inesorabile cambiamento dei costumi, una inarrestabile ibridazione che muterà statisticamente il colore della pelle, dei capelli, degli occhi delle popolazioni, così come non molti normanni hanno installato in Sicilia dei tipi umani biondi e con gli occhi azzurri.
Le grandi migrazioni, almeno in periodo storico, sono temute: dapprincipio si tenta di evitarle, gli imperatori romani erigono un vallum qua e uno là, mandano le quadrate legioni in avanti per sottomettere gli intrusi che avanzano; poi vengono a patti e disciplinano le prime installazioni, quindi allargano la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’impero, ma alla fine sulle rovine della romanità si formano i cosiddetti regni romano-barbarici che sono l’origine dei nostri paesi europei, delle lingue che oggi orgogliosamente parliamo, delle nostre istituzioni politiche e sociali. Quando sulle autostrade lombarde troviamo località che si chiamano italianamente Usmate, Biandrate, abbiamo dimenticato che sono desinenze longobarde. D’altra parte, da dove venivano quei sorrisi etruschi che ritroviamo ancora su tanti volti dell’Italia centrale?
Le grandi migrazioni non si arrestano. Ci si prepara semplicemente a vivere una nuova stagione della cultura afroeuropea.»
Umberto Eco, Migrazioni.