Il filosofo francese Gilles Deleuze riprende l’analisi della superstizione che Spinoza conduce nella Prefazione al suo “Trattato teologico-politico”, molto simile a quella di Lucrezio: la superstizione è un insieme di avidità e di angoscia. E la sua causa non risiede in un’idea confusa di Dio, ma nella paura, nelle passioni tristi e nella loro concatenazione.
«Nella Natura non vi sono né Bene né Male: vi è una differenza etica, non un’opposizione morale. Si tratta della differenza fra i modi immanenti di esistenza, impliciti in quel che proviamo, facciamo e pensiamo.
Tale concezione etica possiede un aspetto critico fondamentale. Spinoza appartiene ad una rinomata tradizione: il compito pratico del filosofo consiste nel denunciare tutti i miti, le mistificazioni e le “superstizioni”, qualunque sia la loro origine. Siamo convinti che questa tradizione faccia della filosofia un naturalismo. Tutto quel che ci allontana dalla nostra potenza di agire, diminuendola, è superstizione.
La causa della superstizione è la concatenazione delle passioni tristi, la paura, la speranza unita alla paura, l’angoscia che alimenta i deliri e le fantasie. Come Lucrezio, Spinoza sa che il mito e la superstizione non hanno nulla a che fare con la gioia. Come Lucrezio, descrive una Natura positiva, contro l’incertezza degli dei: “non sono la cultura, lo stato di ragione o lo stato civile ad opporsi alla Natura, ma la superstizione, che minaccia tutti i disegni dell’uomo”. E come Lucrezio, Spinoza affida al filosofo il compito di denunciare tutto ciò che è triste, che vive di tristezza, tutti quelli che hanno bisogno della tristezza per consolidare il loro potere. “Tutto il segreto e tutto l’interesse del regime monarchico sta nell’ingannare gli uomini e nell’adombrare col nome specioso di religione il timore che serve a frenarli, così da indurli a combattere per la propria schiavitù come se combattessero per la propria salvezza“. L’oggetto pratico della filosofia è definito dalla critica delle passioni tristi e dalla denuncia di tutti coloro che le coltivano e se ne servono. Si tratta di una tematica costante nell’Etica: tutto ciò che è triste, è cattivo e ci rende schiavi; tutto ciò che implica tristezza, esprime un tiranno.»
Gilles Deleuze, Spinoza e il problema dell’espressione.