Un incarico del governo francese di studiare il sistema carcerario americano offre a Toqueville l’occasione di scrivere questa prima opera sistematica sulla democrazia: un classico del liberalismo ottocentesco che uscirà tra il 1835 e il 1840. “Gli emigrati che si stabilirono in America al principio del XVII secolo, liberarono, in certo modo, il principio democratico da tutto ciò che nella vecchia Europa lo soffocava e lo trapiantarono nel nuovo mondo”.
«La libertà di stampa non fa sentire il suo potere solamente sulle opinioni politiche, bensì su tutte le opinioni degli uomini. Non modifica solamente le leggi, ma anche i costumi (…).
Confesso che non ho per la libertà di stampa quell’amore completo ed immediato che si accorda alle cose sovranamente buone per loro natura. L’apprezzo per i mali che essa impedisce, molto più che per il bene che essa fa. Se qualcuno mi mostrasse, tra la completa indipendenza e il totale asservimento del pensiero, una posizione intermedia in cui potessi sperare di reggermi, forse mi ci stabilirei; ma chi scoprirà questa posizione intermedia?
(…) Contrariamente a tutte le potenze materiali, il potere del pensiero è sovente accresciuto proprio dal piccolo numero di coloro che lo esprimono. La parola di un uomo vigoroso, che penetra da sola in mezzo alle passioni di un’assemblea muta, ha più potere che le grida confuse di mille oratori; e per poco che si possa parlare liberamente in un solo luogo pubblico, è come se si parlasse pubblicamente in ogni villaggio. Bisogna dunque distruggere la libertà di parlare, come quella di scrivere; questa volta, eccovi in porto: ognuno tace. Ma dove siete arrivati? Eravate partiti dagli abusi della libertà e vi ritrovo sotto i piedi di un despota. Siete passati dall’estrema indipendenza all’estrema servitù senza trovare, in così lungo spazio, un solo luogo dove potervi stabilire. Vi sono popoli che, indipendentemente dalle ragioni generali che ho appena enunciato, ne hanno delle particolari per sentirsi legati alla libertà di stampa. In certe sedicenti nazioni libere, ogni agente del potere può impunemente violare la legge, senza che la costituzione del Paese dia agli oppressi il diritto di ricorrere alla giustizia. Presso questi popoli non bisogna considerare l’indipendenza della stampa come una delle garanzie, ma come la sola garanzia che resta della libertà e della sicurezza dei cittadini. Se quindi gli uomini che governano queste nazioni parlassero di privare la stampa della sua indipendenza, il popolo intero potrebbe rispondere loro: – Lasciateci perseguire i vostri delitti davanti ai giudici ordinari e forse allora consentiremo a non ricorrere in appello al tribunale dell’opinione. In un paese in cui regna ostentatamente il dogma della sovranità del popolo, la censura non è solo un pericolo, ma anche una grande assurdità. Quando si accorda ad ognuno un diritto a governare la società, bisogna pur riconoscergli la capacità di scegliere tra le differenti opinioni che agitano i suoi contemporanei e di valutare i diversi fatti la cui conoscenza può essergli di guida. La sovranità del popolo e la libertà di stampa sono dunque due cose del tutto correlate: la censura e il suffragio universale sono al contrario due cose che si contraddicono reciprocamente e non possono stare a lungo insieme nelle istituzioni politiche di uno stesso popolo.»
Alexis de Toqueville, La Democrazia in America (ed. a cura di Nicola Matteucci).