Alexis de Tocqueville, storico, politico e giurista francese è un fondatore del pensiero liberale classico. Pur sostenitore della democrazia rappresentativa, che aveva potuto studiare direttamente nel 1831 negli Stati Uniti d’America, ne è allo stesso tempo critico delle sue inefficienze e delle sue degenerazioni. Nella “Avvertenza” all’edizione del 1848 afferma: “Non è la sola forza che consolida un nuovo governo, sono le buone leggi “. (Il titolo della “Citazione” è lo stesso del capitolo dell’opera di Tocqueville).
«Considero empia e detestabile questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto, e tuttavia pongo nelle volontà della maggioranza l’origine di tutti i poteri. Sono, forse, in contraddizione con me stesso?
Esiste una legge generale che è stata fatta, o almeno adottata, non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge è la giustizia.
La giustizia rappresenta, dunque, il limite del diritto di ogni popolo.
(…) Vi sono alcuni che hanno osato affermare che un popolo, nelle questioni che interessano lui solo, non può mai, per definizione, uscire dai limiti della giustizia e della ragione, e quindi non si deve temere di dare tutto il potere alla maggioranza che lo rappresenta. Ma questo è un linguaggio da schiavi.
(…) Ritengo … che bisogna sempre porre da qualche parte un potere sociale superiore a tutti gli altri; ma credo che la libertà sia in pericolo, quando questo potere non trova davanti a sé nessun ostacolo capace di rallentare il suo cammino e di dargli il tempo di moderarsi.
L’onnipotenza è in sé cosa cattiva e pericolosa. Il suo esercizio mi sembra al di sopra delle forze dell’uomo, chiunque egli sia; e non vedo che Dio che possa senza pericolo essere onnipotente, perché la sua saggezza e la sua giustizia sono sempre uguali al suo potere. Non vi è, dunque, sulla terra autorità tanto rispettabile in sé stessa, rivestita di un diritto tanto sacro, che io vorrei lasciar agire senza controllo e dominare senza ostacoli. Quando vedo accordare il diritto e la facoltà di far tutto a una qualsiasi potenza, si chiami essa popolo o Re, democrazia o aristocrazia, sia che lo si eserciti in una monarchia o in una repubblica, io affermo che là è il germe della tirannide; e cerco d’andare a vivere sotto altre leggi.
Ciò che rimprovero di più al governo democratico, come è stato organizzato negli Stati Uniti, non è, come molti credono in Europa, la sua debolezza, ma, al contrario, la sua forza irresistibile. E ciò che mi ripugna di più in America, non è l’estrema libertà che vi regna, ma la scarsa garanzia che vi è contro la tirannide.
Quando, negli Stati Uniti, un uomo o un partito subisce un’ingiustizia, a chi volete che si rivolga? All’opinione pubblica? è essa che forma la maggioranza; al corpo legislativo? esso rappresenta la maggioranza e le obbedisce ciecamente; al potere esecutivo? ma è nominato dalla maggioranza e la serve come uno strumento passivo; alla forza pubblica? La forza pubblica non è altro che la maggioranza sotto le armi; alla giurìa? La giurìa è la maggioranza investita del diritto di pronunciare sentenze: i giudici stessi, in certi Stati, sono eletti dalla maggioranza. Per iniqua o irragionevole che sia la misura che vi colpisce, è necessario che vi sottomettiate.
Supponete, invece, un corpo legislativo composto in modo tale che rappresenti la maggioranza, senza essere necessariamente lo schiavo delle sue passioni, un potere esecutivo che abbia una forza sua propria, e un potere giudiziario indipendente dagli altri due poteri: avrete ancora un governo democratico, ma non vi saranno quasi più probabilità per la tirannide.»
Alexis de Tocqueville, Democrazia in America (Libro I, parte II, cap. VII), a cura di Nicola Matteucci.