Adriano Prosperi: “Un sistema di leggi e di tribunali, un complicato assetto istituzionale di uomini, di poteri e ruolo, una complessa macchina dove rituali carichi di tradizione e di norme razionali continuamente aggiornate definiscono delitti e pene – tutto si riassume nella immagine femminile che reca una bilancia in una mano e una spada nell’altra. La spada è di per sé una minaccia, ma anche la bilancia è inquietante: vi si può essere pesati.”
«In un suo interessante saggio, Adriano Prosperi (Giustizia bendata. Percorsi storici di un’immagine, ndr) ripercorre la storia delle immagini della giustizia, attraverso un’attenta analisi della simbologia ad essa legata. Come ricostruisce l’autore, nella maggior parte delle sue raffigurazioni, sin dall’antichità la giustizia, figura femminile, possiede come principali attributi la bilancia e la spada. Il primo, simbolo di equità, misura ed esattezza; il secondo, simbolo della forza con cui essa si impone sul giudicato, senza poter essere contrastata da altre istanze. Alla sostanziale univocità di questi due, a partire dal 1400 si aggiunge un terzo attributo più recente e che trova la sua iniziale applicazione nell’iconografia soprattutto del mondo anglosassone, un attributo dal significato ambiguo, che in un primo periodo venne utilizzato soprattutto nel suo senso negativo, ma che col passare del tempo si impose come virtù fondamentale propria della giustizia: la benda sugli occhi. L’imparzialità garantita dalla benda è divenuto sempre più un valore positivo, che difende il giudizio del giudice da ogni forma di influenza rispetto all’identità del giudicato, che sia un’influenza economica o sociale, ma anche un’influenza legata alla valutazione del contesto e delle circostanze o al coinvolgimento di fattori di tipo emotivo o affettivo. La giustizia, insomma, “non guarda in faccia a nessuno”, ma, come il senso colloquiale di tale affermazione ci ricorda, ciò comporta anche una sostanziale assenza di pietà, che sacrifica l’attenzione al singolo nella sua specificità alla genericità della legge e della sua universalità. L’elemento dell’universalità imparziale ha costituito, anche nella storia del pensiero, il fulcro principale intorno al quale l’idea di giustizia è stata elaborata e definita. Non c’è giustizia senza l’universalità della legge, senza questa possibilità di ricondurre a una presunta razionalità e oggettività del principio.»
Silvia Dadà, Il paradosso della giustizia.