In questo passo classico, Croce espone la sua concezione della storia e della storiografia, che tiene conto della lezione hegeliana: “Ciò che è razionale e reale; ciò che è reale è razionale”. E avanza argomenti che creano imbarazzo ai paladini della “storia virtuale”.
«Il giudizio, nel pensare un fatto, lo pensa quale esso è, e non già come sarebbe se non fosse quello che è: lo pensa, come si diceva nella vecchia terminologia laica, secondo il principio d’identità e di contraddizione, e perciò logicamente necessario. Questo e non altro è il significato della necessità storica contro cui si nutrono sospetti e perfino si tentano ribellioni, immaginando che voglia negare la libertà umana, laddove non nega se non l’inconcludenza logica. A conferma, si osservi che l’affermazione di quella necessità è posta, ed è di volta in volta ripetuta, contro l’introduzione in storia del vietato “se”. (…) Questo “se” divide arbitrariamente l’unico corso storico in fatti necessari e fatti accidentali (lo divide proprio così, perché, ove concepisse tutti i fatti come accidentali, la compattezza storica rimarrebbe intatta, tanto valendo “tutti accidentali” quanto “tutti necessari”); e si argomenta di qualificare nei suoi racconti un fatto come necessario e un altro come accidentale, e allontana mentalmente questo secondo per determinare come il primo si sarebbe svolto conforme alla natura sua, se quello non l’avesse turbato. Giocherello che usiamo fare dentro noi stessi, nei momenti di ozio o di pigrizia, fantasticando intorno all’andamento che avrebbe preso la nostra vita se non avessimo incontrato una persona che abbiamo incontrata, o non avessimo commesso uno sbaglio che abbiamo commesso; nel che, con molta disinvoltura, trattiamo noi stessi come l’elemento costante e necessario, e non pensiamo a cangiar mentalmente anche questo noi stessi, che è quel che è in questo momento, con le sue esperienze, i suoi rimpianti e le sue fantasticherie, appunto per aver incontrato allora quella data persona e commesso quello sbaglio: senonché, reintegrando la realtà del fatto, il giocherello s’interromperebbe senz’altro e svanirebbe. Con la fallace credenza che sopr’esso sorge, fu foggiato il proverbio popolare che del senno di poi son piene le fosse. Ma poiché il giocherello, in teoria, è del tutto fuori luogo, quando si affaccia colà, stanca presto e presto si smette. Ci voleva un filosofo, un assai astratto filosofo per scrivere un libro intero (Renouvier, Uchronie) al fine di narrare “le développement de la civilisation européenne tel qu’il n’a pas été, tel qu’il aurait pu être”, sul convincimento che la vittoria politica della religione cristiana nell’Occidente fu un fatto contingente e che sarebbe potuto non accadere, ove si fosse introdotta una piccola variazione, gravida di conseguenze, alla fine del regno di Marco Aurelio e nelle fortune di Commodo, Pertinace e Albino!»
Benedetto Croce, Storia come pensiero e come azione.