L’occasione di queste riflessioni della filosofa Adriana Cavarero, affidate a “Doppiozero”, è l’apertura a Roma, al Parco archeologico del Colosseo, presso le Uccelliere farnesiane e il Tempio di Romolo, di una esposizione dedicata a Penelope per la cura della scrittrice Alessandra Sarchi e del critico d’arte Claudio Franzoni.
«Non sappiamo chi fosse Omero, il narratore che chiamiamo con questo nome, ma sappiamo chi fossero Achille, Ettore e Ulisse perché ne conosciamo le storie e non ci stanchiamo di rileggerle e raccontarle. Racchiusa nelle storie, la loro fama è imperitura e li salva dall’oblio. Non sono però solo i guerrieri a guadagnarsi questa immortalità donata dal canto omerico. Penelope, la tessitrice che fa e disfa la sua tela, è la protagonista di una storia davvero memorabile che la tradizione non ha infatti mai potuto dimenticare (…).
Racconta il mito che fu la dea Atena a donare alle donne l’arte del tessere, riservando invece agli uomini quella del guerreggiare (…). L’arte del tessere, in cui eccelle la regina di Itaca, sarà quindi un sapere specialistico delle regole, degli strumenti e del materiale, nonché delle modalità di intreccio, trama e ordito, adatti a produrre il tessuto. Diciamo, nel caso di Penelope, a produrre la tela, il sudario per Laerte.
(…) Il gesto della tessitrice Penelope è anomalo, anzi scandaloso. Penelope possiede certamente un sapere perfetto della tecnica del tessere ma evidentemente sa qualcosa di più, qualcosa che, pur accadendo nella stanza dei telai in cui, come tutte le donne, è confinata, travalica questo confine, questo ruolo, questa specie di prigione femminile, e agisce sull’assetto politico del regno, là dove dominano gli uomini e lei è esclusa. Tessendo la tela di giorno e disfacendola di notte, Penelope per quattro anni tiene in scacco i pretendenti alla sua mano e la sorte di Itaca. Come con l’astuzia, la metis, il marito ha escogitato il trucco del cavallo di legno per sconfiggere il nemico in battaglia, così la metis di Penelope escogita il trucco del fare e disfare la tela per sconfiggere i pretendenti al governo di Itaca. Al contrario del marito, che opera nella propria sfera di competenza, ovvero nella sfera maschile del guerreggiare, Penelope, pur operando nella sfera propriamente femminile del tessere, fa in modo che gli effetti della sua astuzia riesca a travalicarla. Quel che avviene nella stanza dei telai riguarda direttamente la vicenda politica di Itaca, è questo il nucleo memorabile della storia.
(…) Nella cultura occidentale, al contrario di ciò che avviene in altre culture, la tessitura è riservata anticamente alle donne o, meglio, il loro confinamento nell’ambito domestico prevede che esse vi svolgano il lavoro di tessitrici. (…). La politica e la guerra spettano agli uomini, la casa in cui si svolgono i lavori domestici e, in primis, la tessitura, spetta alle donne (…). Ciò non implica che, per i Greci, quella della tessitura sia un’arte inferiore o secondaria, visto che di tale arte si pregia, anzi, la stessa Atena e molte divinità femminili. C’è nell’arte del tessere un orgoglio per l’abilità di produrre splendidi e utili oggetti, nonché una riconosciuta creatività che va al di là dell’utile. Dal tessuto, dall’ambito del textum, derivano del resto parole molto significative come testo e trama. Il tessuto istoriato è tale perché, come il grande Omero, racconta storie. Le crea, le inventa e le tramanda.»
Adriana Cavarero, Penelope al Colosseo.