Il filosofo e sociologo Franco Cassano, prematuramente scomparso, ci offre una originale e articolata riflessione sul male e sul nostro tempo, in un serrato confronto con Dostoevskij e Primo Levi, con Gehlen e Adorno.
«L’ipotesi iniziale è che oggi il male, nella sua lunga sfida contro il bene, riesca a partire con un margine di vantaggio difficile da annullare. Esso è un fondista veloce, corre svelto e leggero come se fosse in discesa, mentre sull’altro versante il bene arranca affannosamente su un’eterna salita. E anche quando crede di essere riuscito a conquistare posizioni stabili e forti, è spesso costretto ad accorgersi che quei territori non sono sicuri e possono tornare nelle mani del suo avversario, avverte gli scricchiolii degli argini e del proprio sistema di difesa.
L’ipotesi da cui muove il nostro ragionamento è che questo vantaggio del male dipenda in primo luogo dalla sua “umiltà”, da un’antica confidenza con la fragilità dell’uomo, che gli permette di usarla ai propri fini. Del resto chi lavora sulle tentazioni non può non conoscere le nostre debolezze. Il bene, invece, è così preso dall’ansia di raggiungere le sue vette che spesso finisce per voltare le spalle all’imperfezione dell’uomo, lasciandola tutta nelle mani delle strategie del male. Chi ha gli occhi fissi solo sul bene, spesso ha deciso di non guardare altrove: l’urgenza di giudicare, di misurare l’essere sul metro del dover essere, lo porta a guardare con impazienza chi rimane indietro, e tale mancanza di curiosità lo porta alla sconfitta. Il male approfitta della distrazione o della boria del bene per mettere le tende e costruire alleanze.»
Franco Cassano, L’umiltà del male (Prologo).